Il cambiamento climatico si fa di nuovo largo nell’agenda politica internazionale. Con l’avvicinarsi della ventiseiesima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), che si terrà dall’1 al 12 novembre 2021 a Glasgow, si intensifica l’attività dei negoziatori per il clima, così come si riempie il calendario di appuntamenti politici per preparare il terreno della COP26.
Rimandata di una anno a causa dell’emergenza Covid19, l’annuale conferenza dell’organo sovranazionale più importante in materia di cambiamento climatico, avrà il compito di tenere alta l’ambizione degli stati membri e tenere fede all’accordo di Parigi firmato nel 2015 (COP21).
Il rientro degli Stati Uniti nell’accordo, dopo il ritiro voluto dall’ex presidente Trump, rende il prossimo appuntamento particolarmente significativo. La Conferenza delle Parti dovrà fare il punto sullo stato di avanzamento delle azioni intraprese dagli stati per rispettare l’impegno di tenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 ºC e proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 ºC.
La strada sembra tutta in salita, considerato che gli impegni assunti dai singoli paesi sono giudicati largamente insufficienti dal NDC Syntesis Report delle Nazioni Unite dello scorso febbraio. Sulla base dei dati a disposizione, entro il 2030 è prevista una riduzione dello 0,7% delle emissioni rispetto al 2010, mentre “ le emissioni nette dovrebbero essere ridotte del 45% per raggiungere l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura di 1,5°C”.
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Intanto alcune dichiarazioni di intenti sono state già espresse nel Summit dei leader sul clima voluto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il 22 e il 23 aprile scorsi. Quaranta leader mondiali riuniti in modalità virtuale hanno ribadito gli impegnati a cooperare per ridare slancio all’accordo di Parigi e porre le basi di un nuovo “momentum” alla COP26. Gli Stati Uniti hanno annunciato che ridurranno le emissioni del 50-52% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, come riportato nel loro NDC (Contributo determinato a livello nazionale).
Il Giappone e il Canada hanno aumentato il loro precedente obiettivo di riduzione delle emissioni. Il primo ha dichiarato di passare dal 26% al 46-50% rispetto al 2013 entro il 2030, il secondo dal 30% al 40-45% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030. Anche l’Unione Europea, che punta a giocare un ruolo guida e tirare la volata dell’ambizione mondiale, ha in cantiere una legislazione sulla neutralità climatica per il 2050 e un obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette dei gas a effetto serra (al netto degli assorbimenti) pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
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di Nicoletta Fascetti Leon
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