Di fronte agli effetti della crisi climatica, sempre più evidenti, l’adattamento deve diventare una priorità politica. Secondo i dati pubblicati dall’osservatorio europeo Copernicus, nel suo bollettino mensile, lo scorso mese di febbraio si è registrato 1,77°C sopra la media rispetto allo stesso mese nel periodo che va dal 1850 al 1900. Si tratta dello 0,12°C in più rispetto al precedente record, sempre per il mese di febbraio, che risale al 2016. Grazie a un recente sondaggio la Commissione Europea ha asserito che il “77% degli europei vede il cambiamento climatico come un problema molto serio, e più del 37% degli europei si sente già personalmente esposto a rischi climatici”.
Come sappiamo, l’aggravamento della crisi climatica produce un incremento esponenziale di caldo estremo, siccità, incendi boschivi e inondazioni. È in questo contesto che è stata prodotta la prima valutazione europea dei rischi climatici dal titolo “European Climate Risk Assessment” (EUCRA). L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) con questo lavoro fornisce un quadro dettagliato dei rischi climatici che l’Europa si trova a dover affrontare oggi e in futuro e le priorità politiche che gli Stati membri devono cominciare a perseguire. Dallo studio emerge che temperature, ondate di calore e precipitazioni violente sono in crescita in tutta Europa, mentre solo l’Europa Meridionale vede già oggi e nelle proiezioni future una diminuzione delle precipitazioni totali. La siccità, inoltre, aumenterebbe, secondo le proiezioni, su tutto il continente ad eccezione del Nord Europa.
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Dal report emerge che la necessità è quella di interventi di adattamento immediati, sebbene si possa evincere che in molti contesti anche un approccio incrementale potrebbe non essere sufficiente per proteggere le comunità che abitano alcuni territori. Al contempo lo studio fotografa una situazione difficile per alcune regioni, come l’Europa Mediterranea, che si ritrovano a vivere condizioni di svantaggio strutturali che producono una maggior vulnerabilità a rischi climatici multipli: incendi boschivi, ondate di calore e carenza di acqua, che minacciano la produzione agricola, il lavoro all’aperto e la salute umana.
La valutazione effettuata dall’AEA individua 36 principali rischi climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi: ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza. Il cambiamento climatico è un moltiplicatore dei rischi e delle crisi già in corso, i suoi impatti si abbattono quindi in modo asimmetrico su diverse comunità umane. Dunque le minacce che percepiamo legate al clima sono dovute a un cluster dei molteplici rischi a cui i territori sono soggetti. Queste devono essere a loro volta intrecciate con fattori di rischio non dovuti strettamente alla crisi climatica come le disuguaglianze sociali, l’uso insostenibile del suolo e la gestione dell’acqua, la perdita di biodiversità, così come le condizioni lavorative o abitative delle comunità. L’immagine seguente, tratta dal report, mostra proprio la sovrapposizione di rischi climatici e non e l’interconnessione strutturale tra le cinque categorie di rischio evidenziate.
Il grafico mostra come tutti i fattori di rischio abbiano relazioni complesse ed intrecciate e in particolare tutte le categorie hanno una relazione imprescindibile con la categoria “Salute” (Health). “Gli impatti climatici sulla salute umana e sul benessere, inclusi quelli dei lavoratori – si legge nel report dell’agenzia europea dell’ambiente – possono influenzare la produttività del lavoro e le esigenze di risorse del sistema sanitario, e quindi l’economia più ampia”.
D’altra parte “i rischi climatici a cascata possono portare a sfide a livello di sistema che influenzano intere società, con particolare coinvolgimento di gruppi sociali vulnerabili”. I fattori che in modo trasversale influenzano la gestione dei rischi sono le vulnerabilità preesistenti dei gruppi umani, ma anche le relazioni di potere asimmetriche dal livello locale a quello internazionale così come le disuguaglianze di genere, etnia e classe. I fattori di privilegio hanno effetti sulla possibilità delle comunità di essere resilienti.
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di Chiara Braucher
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