I termini “biodegradabile” e “compostabile” sono da tempo entrati nel linguaggio comune: quante volte, ad esempio, avete letto o sentito parlare di stoviglie biodegradabili e compostabili oppure di shopper monouso compostabili?
A dispetto del loro diffuso utilizzo ancora oggi, troppo spesso, tali parole vengono impiegate impropriamente: ciò accade perché tante persone le considerano sinonimi da utilizzare indifferentemente oppure sempre in tandem, ma la realtà è ben diversa.
Quando si parla di materiali biodegradabili e compostabili si fa riferimento a due concetti specifici e ben distinti ed è quindi importante fare chiarezza sul loro esatto significato per evitare di commettere errori, anche perché comprendere quando un oggetto è biodegradabile e compostabile è fondamentale per procedere a una corretta raccolta differenziata.
Leggi anche: In Europa aumentano i rifiuti, ma crescono riciclo e compostaggio: ecco tutti i dati
Si definisce biodegradabile quel materiale che si degrada in sostanze più semplici mediante l’attività enzimatica di microorganismi: in altri termini se il materiale viene lasciato nell’ambiente esterno questo, prima o poi, finirà per scomporsi in elementi chimici più semplici – quali acqua, anidride carbonica e metano – assorbili dal terreno.
A ben vedere quasi tutti i materiali sono biodegradabili: la differenza si sostanzia nel tempo di degradazione che dipende principalmente dalle caratteristiche del materiale e dall’ambiente nel quale il processo avviene. A influenzare la tempistica concorrono elementi quali la temperatura, l’ossigeno e l’umidità: ad esempio in ambienti freddi e secchi la biodegradazione sarà più lenta rispetto ad ambienti caldi e umidi.
È naturale che quanto più un materiale si biodegrada lentamente tanto più può diventare un problema per l’ambiente: questa criticità si manifesta con la plastica. Pur essendo un materiale biodegradabile, a seconda del manufatto che ci troviamo di fronte, essa impiega decine se non centinaia di anni per portare a compimento il processo. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, ad esempio, un sacchetto di plastica resta nell’ambiente da un minimo di 15 anni ad un massimo di mille anni. Ciò spiega, in parte, come questo materiale si sia in poco tempo trasformato da strumento per semplificare la vita dell’uomo a uno dei più gravi problemi ambientali che l’umanità si trovi ad affrontare (dalle spiagge più cristalline alla cima dell’Himalaya).
Con il termine compostabile si fa riferimento a quei materiali organici che, oltre ad essere biodegradabili, hanno la capacità di trasformarsi attraverso un processo di decomposizione biologica, controllato dall’uomo, in compost ovverosia un terriccio molto ricco di sostanze umiche e di microrganismi che viene utilizzato come fertilizzante.
Questo processo di trasformazione viene chiamato “compostaggio”, può essere realizzato sia a livello domestico che industriale (su cui si veda infra) e, come abbiamo già avuto modo di accennare, consiste nella disintegrazione e biodegradazione aerobica, in presenza di ossigeno, di rifiuti organici come, ad esempio, quelli conferiti nella frazione umida oppure segatura e trucioli di legno.
Leggi anche: La rivoluzione del riuso fa bene all’ambiente e all’economia
di Valeria Morelli
ERION COMPLIANCE ORGANIZATION S.C.A R.L. – Società consortile di servizi amministrativi, informatici, tecnici e di consulenza ambientale e normativa. – Via A. Scarsellini, 14 – 20161 Milano
P.IVA/C.F./Registro Imprese Milano 11344540965
Capitale sociale euro 15.000