Brasile, è crisi ambientale

Un disastro ambientale di proporzioni enormi. Il più grande forse nella storia costiera brasiliana. Il tutto ha inizio il 30 agosto 2019, quando sulle spiagge della costa di Paraiba – nota località turistica – è stata registrata la presenza di olii petroliferi e catrame.

Secondo l’ultimo bilancio dell’Istituto brasiliano per l’ambiente (Ibama), sono 124 le spiagge del nord-est del Brasile coinvolte dal disastro. La marea nera ha infatti colpito nove Stati e due mila chilometri di sabbia e rocce e il numero, purtroppo, è destinato ad aumentare.

A peggiorare la situazione una non tempestiva risposta da parte del governo e degli organi competenti che hanno fatto ben poco per combattere e mitigare gli impatti e risolvere il problema.

Una nota positiva arriva però dalla popolazione che si è immediatamente mobilitata e organizzata per pulire le spiagge e contenere le perdite di petrolio. Volontari e professionisti hanno raccolto, fino ad adesso hanno raccolto, fino adesso, circa 200 tonnellate di greggio..

La causa della catastrofe resta ancora ignota, ma secondo un rapporto della Petrobras, (compagnia petrolifera statale brasiliana) si presume che il greggio sia di provenienza venezuelana.

Non ci sono dubbi invece sulle conseguenze di tutto questo. Sebbene non se ne conosca ancora l’entità, sono già stati registrati seri danni per l’ambiente e la salute umana. A pagarne il prezzo più alto è senz’altro la fauna marina. Il versamento di petrolio potrebbe infatti portare all’estinzione di molte specie essendo settembre l’inizio della stagione riproduttiva per molte di esse. Colpita anche la flora locale, con l’inquinamento della barriera corallina.

Da non sottovalutare poi le ripercussioni a lungo termine soprattutto a livello economico. La zona colpita è solitamente destinazione brasiliana prediletta dai vacanzieri, di conseguenza l’inquinamento acuto a cui è sottoposta la costa non potrà che avere impatti negativi sull’economia locale e sul turismo.

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