Il 2019? Un anno nero per l’ambiente. Se è vero che i movimenti ambientalisti, soprattutto quelli capitanati da Greta e dai giovanissimi, hanno restituito speranza al Pianeta; non bisogna chiudere gli occhi di fronte a una leadership mondiale che non solo ostacola il cambiamento, ma che ha messo in atto una vera e propria contro-rivoluzione.
In prima linea troviamo sicuramente la Cina con il suo dietrofront sulle energie rinnovabili e il ritorno agli investimenti in carbone. Sullo stesso filone anche L’India che, come mercato emergente, ha deciso di privilegiare la crescita economica scordandosi delle politiche ambientali. “Segue” l’Americache, con Trump, non ha mancato occasione per rimarcare la propria posizione contro qualsiasi azione sostenibile volta a tutelare l’ambiente e che, adesso, ha comunicato l’intenzione di retrocedere dagliAccordi di Parigi a partire dal 2020.
Che siamo in piena emergenza ambientale è noto e la conferma arriva dalla Conferenza dell’Onu sul clima, tenutasi i primi di dicembre a Madrid: i buoni propositi non bastano più. Sebbene l’Europa si stia impegnando da tempo in tal senso, con un abbassamento considerevole di emissioni di CO2 negli ultimi vent’anni, il problema climatico ha bisogno di più attenzioni e di un approccio sostenibile condiviso. Per una svolta significativa serve l’aiuto di tutti. Senza se e senza ma.
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