La guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione, la scarsità di materie prime, la pandemia. Se vogliamo “salvare il mondo” dalla distruzione e, soprattutto, la razza umana dall’estinzione o da un suo drastico ridimensionamento numerico, dobbiamo cambiare tante cose. Forse tutto. Il paradigma della vita va rivisto dalla base, a cominciare dai rapporti umani, dalla solidarietà fra le persone, da una più equa ripartizione delle risorse fra i popoli. Per “correggere il tiro” non possiamo più aspettare. Prima di arrivare a devastanti guerre (già ci sono, certo, ma la situazione potrebbe peggiorare di molto) con le quali ci contenderemo energia e acqua – le due risorse scarse del Pianeta – dobbiamo drasticamente intervenire.
Come si evince da recenti studi, stiamo procedendo a grandi passi verso la sesta estinzione di massa. Le prime cinque sono state dovute a eventi indipendenti dalla volontà umana, come la presunta collisione con un asteroide. In queste ricerche, invece, la responsabilità di quanto sta avvenendo e sta per avvenire è incontrovertibilmente in capo all’essere umano.
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Due le strade per cercare di evitare all’ultimo momento quanto sembra imminente: una drastica riduzione del numero di esseri umani che popola il Pianeta, come auspicano e progettano i profeti dell’aberrante “transumanesimo” globalista; oppure, all’esatto opposto, un’unione dei popoli in una solidarietà umana che rimetta l’Uomo al centro della visione, nel rispetto del Pianeta che lo ospita, con il conseguente acquisto di maggior potere d’azione sulla gestione delle variabili critiche della situazione.
Inutile dire che auspico la seconda strada, forse e paradossalmente più accidentata, ma più coerente con i miei ideali ambientalisti e umanistici, oltre che con i miei valori spirituali.
“La portata delle minacce che riguardano la biosfera e tutte le sue forme di vita – inclusa l’Umanità – è così grande che è difficile da cogliere anche per gli esperti più informati”, è scritto nel rapporto “Underestimating the Challenges of Avoiding a Ghastly Future”, pubblicato su “Frontiers in Conservation Science”. La ricerca cita 150 studi che affrontano le principali sfide ambientali. “Dall’inizio dell’agricoltura, circa 11mila anni fa, la biomassa della vegetazione terrestre è stata dimezzata, con una corrispondente perdita pari al 20% della sua biodiversità originaria. Le dimensioni della popolazione delle specie di vertebrati che sono state monitorate nel corso degli anni sono diminuite in media del 68% nel corso degli ultimi cinque decenni”.
Stiamo così procedendo a grandi passi verso la sesta estinzione di massa che, secondo gli autori del rapporto, potrebbe non essere troppo lontana, purtroppo per il genere umano. I cambiamenti climatici, l’inquinamento e la conseguente perdita della biodiversità ci stanno conducendo in questa non auspicabile direzione.
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di Alessandro Paciello
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