L’ecodesign spiegato semplice: glossario per capire i diversi criteri di progettazione

Nella promozione di prodotti sentiamo ostentare sempre più spesso la loro presunta sostenibilità fatta di claim come “riciclabile, riciclato, naturale” e altre trovate di marketing che spesso sono vero e proprio greenwashing.

Come i lettori e le lettrici di EconomiaCircolare.com sanno, nel destino di un prodotto, il suo fine vita ma anche una sua eventuale nuova vita in ottica circolare, ha un ruolo decisivo la fase di progettazione: si gioca tutto lì, le scelte di design del prodotto possono davvero fare la differenza a livello di impatto ambientale, e lungo tutto il suo ciclo di vita.

Quando parliamo della progettazione di un prodotto o di un servizio che tenga conto non solo dell’uso di quest’ultimo, ma anche di una serie di fattori ambientali, stiamo parlando in maniera generica di eco-progettazione o ecodesign. Ci sono però vari “livelli” di questo approccio, che confluiscono in diverse definizioni, che alcune volte tendono a sovrapporsi ma che è utile tenere a mente per capire fino a che punto si può spingere una progettazione sostenibile e a cosa dovremmo ambire.

Già nel 2012, l’Institute for Manufacturing dell’Università di Cambridge aveva elaborato un grafico per progettisti in cui venivano illustrati i diversi gradi di criteri utilizzati nella fase di progettazione orientati alla sostenibilità, via via più complessi.

ecodesign glossario schema

Da allora molte cose sono cambiate: la ricerca di sostenibilità non è più una scelta di aziende di settore ma è sempre più richiesta da normative stringenti e dagli stessi consumatori.

Nel 2017, i rappresentanti della comunità internazionale di designer, architetti, pianificatori e architetti del paesaggio hanno preso parte al  primo World Design Summit e alla sua conclusione in molti hanno  firmato la Dichiarazione di Montreal sul design. La Dichiarazione proclama il potenziale del design per il raggiungimento di obiettivi economici, sociali, ambientali e culturali globali e include una drammatica chiamata all’azione rivolta a professionisti, educatori e governi, nonché un elenco di progetti proposti al motto di “Tutte le persone meritano di vivere in un mondo ben progettato“.

Recentemente, la Commissione europea ha pubblicato una proposta per estendere il raggio di applicazione delle normative sulla progettazione ecocompatibile, contenute nella Direttiva Ecodesign, a un gruppo molto più ampio di prodotti, oltre quelli connessi all’energia.

Insomma, di ecodesign si parla sempre di più. Ma ci sono diversi criteri che si possono seguire nella fase di progettazione, e possono fare la differenza. Ripercorriamo dunque le principali definizioni suggerite dall’Istitute for Manufacturing dell’Università di Cambridge.

Green design

Il green design che potremmo tradurre con design ecologico descrive gli sforzi di progettazione che cercano di ottimizzare i singoli aspetti della progettazione del prodotto, minimizzando gli effetti nocivi sull’ambiente. Ad esempio, la sostituzione di plastica vergine con plastica riciclata, o sempre più spesso, di bioplastica o carta.

Si tratta di un primo passo ma sappiamo bene che non è sufficiente: può anzi rivelarsi una mossa di greenwashing nel caso in cui il materiale scelto non sia davvero una scelta più ecologica di quella utilizzata in precedenza o non rappresenti un vantaggio rilevante.

Ecodesign

Come già accennato, spesso il termine “ecodesign” viene utilizzato per esprimere più genericamente una progettazione sostenibile. Secondo l’European environmental agency, l’ecodesign è l’integrazione degli aspetti ambientali nel processo di sviluppo del prodotto, bilanciando i requisiti ecologici ed economici. L’ecodesign considera gli aspetti ambientali in tutte le fasi del processo di sviluppo del prodotto, cercando di ottenere prodotti che abbiano il minor impatto ambientale possibile durante l’intero ciclo di vita.

Si passa dunque attraverso le fasi di scelta di un materiale a basso impatto, ma si punta anche a ottimizzare la produzione, a rendere efficiente la distribuzione, a renderne l’uso a basso impatto e ottimizzarne il ciclo di vita.

Si richiede dunque ai progettisti di avere una mentalità strategica che guardi a tutti i fronti della sostenibilità. In sostanza, questa strategia deve sì concentrarsi su una particolare area che è di interesse, ad esempio, per il proprio cliente, ma migliorare le prestazioni ambientali in quell’ambito con un occhio ai futuri miglioramenti che può portare in altre aree.

Finora entrambe le categorie citate tengono conto di una serie di aspetti che riguardano, rispettivamente in parte e nel suo complesso, l’impatto ambientale di un prodotto o un servizio ma non affrontano, almeno nello specifico, gli aspetti sociali.

È vero che un prodotto che non presenta sostanze tossiche o agenti cancerogeni ha un impatto positivo sia per gli operai di settore che per i consumatori, e che più in generale il legame tra questioni ambientali e sociali sia oggi indissolubile, ma nel nostro caso il ragionamento non include ancora, almeno esplicitamente, l’equità sociale.

Leggi l’articolo: Ecodesign, l’Unione europea vuole estenderlo a molti più prodotti

 

di Redazione EconomiaCircolare.com

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