Lacune sulle etichette e carenze nelle norme: così fiorisce il mercato di piatti e vaschette “finto-riutilizzabili”

Nei negozi troviamo spessissimo piatti, bicchieri e vaschette in plastica tradizionale venduti come riutilizzabili ma trattati di fatto come usa e getta, in barba alle norme europee stabilite dalla direttiva SUP (Single use plastics) che vieta gli imballaggi monouso in plastica. Legambiente ha condotto un’analisi a campione (di cui dà conto nel report “Usa & getta o riutilizzabile? Facciamo chiarezza!”) per capire come questi prodotti forniscano informazioni su utilizzo e riutilizzo e sul conferimento nella raccolta differenziata.

Ne risulta che nel nostro Paese “la vendita dei prodotti presentati come riutilizzabili, ma considerati nei fatti usa e getta, è un gran pasticcio, che alimenta la produzione di plastica tradizionale, contraddicendo l’obiettivo della direttiva europea, e mette seriamente a rischio la filiera industriale nazionale della chimica verde e delle bioplastiche, fino ad oggi leader a livello globale”, commenta l’associazione.

Ad alimentare questo pasticcio “la scarsità e le informazioni fuorvianti sul riutilizzo, unite anche alla mancata definizione del concetto ‘riutilizzabile’ nella Direttiva SUP e nella norma italiana di recepimento (decreto legislativo 196/2021), fanno sì che spesso piatti, bicchieri e posate in plastica, presenti sugli scaffali dei negozi e che si definiscono ‘riutilizzabili’, dopo essere stati utilizzati la prima volta, vengono poi gettati esattamente come fossero ‘usa e getta’”.

Secondo Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, siamo di fronte ad “un paradosso tutto italiano rispetto alla direttiva SUP, che mette a rischio l’obiettivo di ridurre l’uso della plastica usa e getta e minaccia seriamente la leadership della filiera nazionale della chimica verde e delle bioplastiche”.

 

L’indagine

Per verificarne le informazioni presenti sulle confezioni, l’indaginecondotta nei primi sei mesi del 2024, ha preso in esame un campione di 317 prodotti – 57% piatti, 27% bicchieri, 12% posate e 4% coppette, vaschette e vassoi – appartenenti a 70 marchi diversi di produttori e presenti in oltre 60 di punti vendita (supermercaticasalinghi e negozi di prossimità)

“Un’impresa non semplice, come sanno gli stessi consumatori – dice Legambiente – perché spesso a mancare sulle confezioni dei prodotti sono proprio quelle informazioni più basilari sul riutilizzo”.

Mancano, rivela l’associazione chiarimenti come:

  • numero di lavaggi massimi;
  • modalità di lavaggio (se a mano o in lavastoviglie);
  • temperature massime consentite per il lavaggio;
  • se i materiali sono idonei all’uso in microonde o al forno tradizionale e relative temperature di utilizzo;
  • eventuali certificazioni.

Continua a leggere questo articolo su Economiacircolare.com e iscriviti alla newsletter per rimanere sempre aggiornato sulle novità!

Iscriviti alla newsletter.
Scopri tutte le novità Erionpervoi!
Indirizzo Email non valido