“In generale la prima cosa da fare, la cosa fondamentale, è ridurre la produzione della plastica monouso e quella dei rifiuti in plastica. Fondamentale per l’ambiente, per il mare, per noi”. Abbiamo raggiunto Raffaella Giugni, ambientalista e responsabile delle relazioni istituzionali dell’associazione Marevivo, a pochi giorni dalla pubblicazione della zero draft del trattato globale sulla plastica al quale stanno lavorando le nazioni Unite.
Dottoressa Giugni, il 4 settembre il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) ha pubblicato la “bozza zero” di quello che sarà il testo del trattato globale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica. E che verrà discussa nella prossima tornata dei negoziati a Nairobi, in Kenya, il prossimo novembre. Marevivo che ne pensa?
La bozza zero è sicuramente un buon punto di partenza: si parla in maniera concreta di riduzione della produzione, di riuso, di riciclo ma il punto più importante da ottenere è che il trattato sia vincolante a livello globale. L’azione deve essere forte e congiunta per arginare il fenomeno della plastica in particolare quella monouso la cui produzione e consumo sono ormai fuori controllo tanto che l’ONU l’ha definita “una catastrofe in divenire”. Questo trattato dimostra la consapevolezza a livello globale della necessità di agire globalmente.
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Come giustamente ci ricorda, nella bozza vengono messi in campo, oltre al riciclo, anche il riutilizzo e la ricarica. Pensa sia importante il riutilizzo? Perché?
Qualsiasi sistema di riciclaggio, anche il più efficiente, non è in grado di trattare tutta la plastica che produciamo, specialmente quella monouso. Non ci sono dubbi sulla riduzione, e il riutilizzo è il secondo passo più importante. Dopo c’è il riciclo, quello fatto bene, quello virtuoso che impiega il materiale riciclato per gli stessi prodotti dai quali deriva: il pet riciclato delle bottiglie, ad esempio, per fare altre bottiglie.