I volti di “Materia Viva”.
Marica Di Pierri

Intervista alla Direttrice Responsabile di EconomiaCircolare.com sul Docufilm promosso da Erion WEEE in collaborazione con Libero Produzioni, che verrà presentato, con un’anteprima cinematografica, il 10 maggio a Roma

 

Marica Di Pierri, Direttrice responsabile del magazine online EconomiaCircolare.com  e attivista ambientale, è uno dei volti di “Materia Viva”, il docufilm promosso da Erion WEEE in collaborazione con Libero Produzioni, per sensibilizzare i cittadini italiani sui temi della sostenibilità, dell’economia circolare e dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Giornalista e divulgatrice, è co-fondatrice del CDCA – Centro Documentazione sui Conflitti Ambientali, di cui coordina l’equipe di ricerca promuovendo attività di reporting e informazione su ambiente, energia, cambiamenti climatici, conflitti ecologici. Dal 2007 è nel direttivo dell’Associazione A Sud. Autrice di articoli e saggi e co-autrice di diverse pubblicazioni, collabora con quotidiani, riviste, portali di informazione e testate radiofoniche e televisive.

In “Materia Viva” ci parli di economia circolare, un tema sul quale sei una delle più grandi esperte in Italia. Quanto c’è ancora da fare nel nostro Paese per sviluppare definitivamente questo grande strumento della transizione ecologica?
Nonostante negli ultimi anni se ne faccia un gran parlare, la strada per incentivare un modello economico davvero circolare è ancora lunga. Quasi mai la retorica politica viene tradotta in policy efficaci. Gli incentivi alla transizione sono ancora insufficienti, a fronte di ingenti fondi che continuano a essere stanziati a sostegno di attività ad alto impatto ambientale. Per fare un esempio: nel solo 2021 i sussidi ambientalmente dannosi erogati in Italia hanno superato, secondo il report stilato annualmente da Legambiente, i 41 miliardi di euro – 7 miliardi in più dell’anno precedente; fondi che potrebbero (e dovrebbero) incentivare processi di riconversione ecologica. Dal punto di vista energetico il mix energetico nazionale è fondato ancora per più del 80% sull’utilizzo di fonti fossili.
Altro limite di visione che riguarda il nostro paese è l’eccessiva attenzione, nella promozione della circolarità, riservata al riciclo – ultima fase del processo – a scapito di eco-progettazione e riduzione a monte, che sono i primi passaggi da ripensare per disegnare processi produttivi circolari. A ciò va aggiunto il rischio insito nelle sempre più diffuse pratiche di greenwashing promosse dal settore privato. Multinazionali, compagnie petrolifere e altre imprese inquinanti che si raccontano come leader della circular economy, attraverso pubblicità ingannevoli che rischiano di confondere l’opinione pubblica e rallentare il processo di transizione.
In fondo, il termine stesso “transizione” è a suo modo ingannevole: suggerisce la possibilità di un lento e graduale cambiamento, mentre la gravità delle crisi ecologiche – emergenza climatica in primis – ci racconta che c’è bisogno di una vera e propria rivoluzione, da agire a tappe serrate e attraverso scelte ben più radicali di quelle attuali.

Nel Docufilm sostieni che la tua storia è “una storia di attivismo e di impegno civico sull’ambiente”. Qual è stato, a tuo parere, il periodo in cui si è davvero iniziato a parlare di temi ambientali in modo concreto?
Le sfide ambientali hanno fatto il loro ingresso nel dibattito internazionale molti decenni fa. L’anno scorso abbiamo celebrato i 50 anni dalla pubblicazione del report “The Limits to Growth” – considerato una pietra miliare nel processo di affermazione delle tematiche ambientali a livello mondiale – e i 30 anni dall’Earth Summit di Rio e della Convenzione quadro sui Cambiamenti climatici. Di conseguenza, è molto tempo che la necessità di riportare il modello economico entro i limiti ecologici del Pianeta è un tema noto. Tuttavia, solo negli ultimi anni le questioni ambientali hanno assunto la centralità che meritano, complici gli allarmi della comunità scientifica e l’esacerbarsi di degrado ambientale e stravolgimenti climatici, i cui impatti sono più di prima sotto gli occhi di tutti. Ne sono un esempio le grandi mobilitazioni giovanili degli ultimi anni o l’attenzione mediatica crescente per l’emergenza climatica.
Un dato resta però preoccupante: permane una netta distanza tra raccomandazioni degli scienziati, crescente consapevolezza dell’opinione pubblica e risposte istituzionali. Il vero ostacolo è la mancanza di volontà politica di affrontare le questioni in campo.

Dopo le riprese del docufilm hai avuto la grande gioia di diventare madre. Come insegnerai a tuo figlio ad amare il Pianeta in cui vive? Da dove pensi di partire?
Una educazione ecologista è fondamentale, oggi più che mai, e deve iniziare dalle mura di casa. Sono convinta che nella sfida educativa che attende chiunque diventi genitore è importante dedicare attenzione alla relazione con il contesto in cui viviamo; e il contesto in cui viviamo, visto col grandangolo, è il Pianeta. Occorre guidare i più piccoli a costruire sin dall’infanzia una relazione essere umano-natura fondata sull’armonia e il rispetto, a partire dalla consapevolezza che non siamo, come specie, padroni dell’ambiente naturale, ma parte di esso. Ed è importante farlo iniziando dalla vita di ogni giorno. Il gioco o le scelte quotidiane (cosa compriamo e cosa non compriamo, cosa mangiamo e cosa non mangiamo ecc. e soprattutto perché) sono utili a formare sensibilità e pensiero critico, come lo è dedicare tempo ad attività che favoriscano lo sviluppo di questa relazione o scegliere letture ad hoc, anche nei primissimi anni. Ciò premesso, ricordiamoci che le giovani generazioni hanno molta più coscienza ecologica di quanta non ne abbiano avuta le precedenti. Intendo dire che siamo noi ad avere molto da imparare dai più giovani, e questo, son sicura, varrà ancor più nei confronti di chi nasce oggi.

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