Intervista all’astrofisico e divulgatore scientifico sul Docufilm promosso da Erion WEEE in collaborazione con Libero Produzioni che verrà presentato, con un’anteprima cinematografica, il 10 maggio a Roma
Luca Perri, classe 1986 e 54.000 follower su Instagram, è una delle figure che hanno contribuito a rendere pop temi come l’astrofisica e l’astronomia. Dopo aver lavorato allo sviluppo del telescopio Cherenkov, entra in forza all’Osservatorio di Merate e al Planetario di Milano e, da oltre un decennio, si occupa di divulgazione scientifica in radio, televisione, carta stampata, festival e social network. Noi di Erion ricordiamo il suo coinvolgente intervento all’evento “Greenwashing: la musica deve cambiare” tenutosi a Milano il 14 ottobre 2022. Oggi lo ritroviamo fra i volti scientifici di “Materia Viva”, il docufilm promosso da Erion WEEE in collaborazione con Libero Produzioni, per sensibilizzare i cittadini italiani sui temi della sostenibilità, dell’economia circolare e dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE).
Anche in “Materia Viva” hai parlato di greenwashing, l’ecologismo o ambientalismo di facciata. Il cittadino medio ha a sua disposizione gli strumenti adeguati a riconoscerlo e contrastarlo?
Di primo acchito si potrebbe dire che non li abbia, considerato che il greenwashing è spesso molto subdolo e, soprattutto, che l’ecologia è un sistema complesso. La Fisica definisce tali quei sistemi dinamici caratterizzati da elementi che non si possono prevedere fin dall’inizio. Ciò porta a ipotizzare, spesso realisticamente, che il greenwashing sia molto difficile individuare. Devo dire, però, che alcuni dati statistici rivelano che la popolazione italiana è abbastanza brava a rendersi conto quantomeno delle forme più “ingenue” e di quelle più forzate ed evidenti dell’ambientalismo di facciata. Esiste un’attenzione pubblica verso il fenomeno e possiamo dire di non essere così scarsi nell’individuarne gli esempi.
Chi vedrà il Docufilm, scoprirà un Luca Perri inedito: quello che spiega tutte le fasi di trattamento dei RAEE. Da quando sei così appassionato di un argomento che ancora circa la metà degli italiani dichiara di non conoscere affatto?
Da astrofisico strumentale, coinvolto nella progettazione e nella costruzione di dispositivi per lo studio dello spazio, ho sempre avuto a che fare con le Materie Prime e le Materie Prime Critiche. La tematica è fortemente connessa all’industria aerospaziale alla quale sono necessarie 26 Critical Raw Materials sulle 30 riconosciute ufficialmente dall’Unione Europea. Si può facilmente intuire che l’alto livello tecnologico di questo comparto ne faccia uno di quelli più colpiti dalla crescente scarsità di questi elementi. La situazione è così urgente che un intero settore della futura esplorazione spaziale sta progettando di recuperare tali materie attraverso attività di mining sugli asteroidi.
È interessante notare come la tua risposta a una domanda sui RAEE si sia trasformata in una sulle Materie Prime Critiche. Sembra quasi che per te i due concetti siano sinonimi.
Lo sono senz’altro. I RAEE rappresentano letteralmente delle miniere urbane che noi, sbagliando, abbandoniamo nei cassetti di casa, negli armadi, nel garage, oppure buttiamo in maniera scorretta, nonostante contengano molte materie preziose che devono poter essere riciclate dagli appositi impianti di trattamento. Quindi, sì, c’è un collegamento fortissimo tra i RAEE e le Materie Prime Critiche, e tutti noi dovremmo capirlo per favorire il ritorno in circolo delle risorse che abbiamo già utilizzato, ed evitare di depredarne di nuove dalla Terra. Da qui ai prossimi anni, il mondo avrà sempre più bisogno di batterie per far funzionare moltissime cose: dalle automobili agli elettrodomestici. In questa prospettiva, il riciclo di materie come il cobalto e il litio rappresenta un’attività vitale per la transizione ecologica e l’evoluzione dell’intera società.
Da divulgatore scientifico sicuramente sarai a contatto con migliaia di giovani. Che opinione ti sei fatto del loro rapporto con le tematiche ambientali? Saranno adulti su cui ci sarà bisogno di fare sensibilizzazione o avranno le idee più chiare dei grandi di oggi?
I giovani di oggi prestano decisamente più attenzione alle questioni ambientali, rispetto alle precedenti generazioni. Fin dal primo giorno di scuola, apprendono concetti come crisi ecologica e climatica e questo li porta a sviluppare un punto di vista verso la tutela del Pianeta che è drasticamente differente dalle prospettive di coloro che le crisi le hanno portate agli estremi, senza mai assumersene la responsabilità. Parlo di quelli che, anche solo a livello inconscio, negano un fenomeno scientificamente dimostrato come il surriscaldamento globale; di quelli che, pur non negandolo, continuano a pensare che il problema non li abbia mai riguardati. A differenza di questi personaggi, i giovani hanno un’idea chiara delle sfide che dovranno affrontare, perché gli vengono ricordate in continuazione.
Quanto conta la sensibilizzazione su questi temi?
Ci sono due grandi errori che devono essere schivati. Da una parte, quello di definire insistentemente la crisi ambientale come un evento inarrestabile e irreversibile, per scongiurare la possibilità che i giovani perdano le speranze nel loro futuro e protraggano i comportamenti sbagliati di chi li ha preceduti. Dall’altra parte, dobbiamo evitare di saturare il loro livello di attenzione: metterli in allarme di continuo potrebbe portarli a mollare psicologicamente e non impegnarsi più per proteggere il Pianeta.
I giovani battono gli adulti su tutta la linea?
Non su tutta. Sui RAEE, per esempio, la cosiddetta generazione Z, composta dai nati tra il 1997 e il 2012, è in realtà quella che si comporta peggio. Lo ha rilevato la Ricerca realizzata da Ipsos per Erion nel 2022, secondo la quale, ad esempio, il 40% dei giovani tra 18 e 26 anni, mette il caricabatterie fuori uso nel contenitore della plastica o dell’indifferenziato. Le persone più grandi, che nel corso dei decenni hanno dovuto imparare a differenziare bene i rifiuti, sono più attenti a conferire correttamente i loro dispositivi elettronici a fine vita.
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