Nel 2019 la Ellen MacArthur Foundation aveva realizzato uno studio dal titolo Artificial intelligence and the circular economy, che indagava per l’appunto il ruolo dell’intelligenza artificiale (anche indicata con l’acronimo inglese AI) nell’accelerare la transizione a un modello di funzionamento circolare dell’economia.
Secondo questo studio – che esamina due catene del valore, cibo ed elettronica di consumo – l’applicazione dell’AI può offrire miglioramenti sostanziali in tre aree principali: la progettazione circolare di prodotti, componenti e scelta dei materiali, il funzionamento circolare dei modelli di business e l’ottimizzazione delle infrastrutture.
Esaminando l’interazione tra intelligenza artificiale ed economia circolare, i ricercatori arrivano a concludere che l’AI rappresenta il più potente acceleratore per la realizzazione di un nuovo modello di produzione e consumo, in cui le merci di oggi rappresentano le risorse di domani e fondato sul principio del closing the loop, la chiusura dei cicli di vita di prodotti, servizi, rifiuti, materiali, acqua ed energia.
Guardando i numeri, il valore potenziale sbloccato dall’AI nell’aiutare a progettare i rifiuti in un’economia circolare per il cibo può arrivare fino a 127 miliardi di dollari nel 2030, fino a 90 per l’elettronica di consumo.
L’intelligenza artificiale, dunque, potrebbe accelerare la transizione verso un’economia circolare su larga scala. Ad esempio, la scelta e l’impiego di nuovi materiali e di nuove sostanze chimiche, finalizzati a migliorare la circolarità dei prodotti e dei processi produttivi, richiedono l’elaborazione e la valutazione di grandi quantità di dati: sulle loro caratteristiche, sulla tossicità, la biodegradabilità, la riciclabilità e sui sostituti disponibili. Può essere molto utile quindi elaborare una gran mole di dati e informazioni in tempi estremamente rapidi.
E ancora, nei modelli di business circolari la maggiore variabilità della domanda richiede piattaforme per la gestione delle scorte di prodotti e di componenti, assicurare l’assistenza ai clienti, far funzionare la logistica della distribuzione e della restituzione, per il commercio di materie prime seconde, di componenti e prodotti riciclati nonché per mettere in collegamento prodotti usati con i mercati di seconda mano.
La circolarità dei prodotti e dei flussi di materiali richiede poi infrastrutture per la raccolta, lo smistamento, la separazione, il trattamento e la redistribuzione. L’ottimizzazione del funzionamento e della gestione di tali infrastrutture è una condizione necessaria e richiede la capacità di gestire una gran massa di informazioni sui prodotti, i materiali utilizzati e quelli che si possono recuperare, le condizioni di manutenzione, riparazione e gestione per renderli effettivamente riutilizzabili.
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Per accelerare il passaggio a un’economia circolare c’è bisogno di una progettazione innovativa dei prodotti, per aumentarne l’utilizzo e dunque estendere la vita utile, migliorare l’efficienza dei materiali e ampliare l’uso di materiali riciclati. Stando a un dossier della Commissione Europea, infatti, l’impatto ambientale di oltre l’80% dei prodotti è determinato in fase di progettazione. Grazie alla forza dei dati, al machine learning, l’apprendimento automatico e le varie applicazioni dell’AI, si stima si possa arrivare ad abbattere il 70% delle emissioni di CO2 entro il 2030.
Un’opportunità per estendere la vita utile dei prodotti viene dal modello del prodotto come servizio, in cui le aziende mantengono la proprietà di un prodotto mentre i consumatori pagano per il suo utilizzo. I progressi nella tecnologia dei dati e della tracciabilità hanno consentito un migliore flusso di informazioni che ha agevolato questo modello di business. Ad esempio, SuperCircle ha sviluppato un’infrastruttura digitale che incentiva la circolarità nel settore della moda. SuperCircle collabora con diversi marchi di abbigliamento, integrando i dati di acquisto dei clienti con i sistemi di magazzino e distribuzione, per tracciare il ciclo di vita dei prodotti e ridurre i rifiuti.
In merito all’efficienza dei materiali, grazie all’intelligenza artificiale aumentano anche le possibilità di ridurre al minimo gli sprechi nei processi produttivi. Lo sanno bene realtà come SXD Zero Waste, che applica l’AI per riprogettare i modelli di abbigliamento che generano meno rifiuti pre-consumo dagli scarti durante la produzione. “Il nostro software di tecnologia di progettazione, SXD AI, combina le informazioni sullo schizzo e sul tessuto per produrre modelli a scarto zero”, si legge sul sito ufficiale.
La tecnologia può aiutare anche a creare soluzioni che riducono l’impatto delle catene di approvvigionamento esistenti. Un esempio è GALY, un’azienda che coltiva cotone da cellule in laboratorio utilizzando l’80% di risorse in meno rispetto all’agricoltura tradizionale e può produrre sia cotone normale che cotone biologico. Ad esempio, la produzione di quattro camicie realizzate con il suo “Incredible Cotton” consente di risparmiare fino a 9.200 litri di acqua.
L’aumento dei materiali riciclati poi è un’altra soluzione per ridurre le emissioni di carbonio, oltre a consentire alle aziende di aumentare la sicurezza dei materiali, un aspetto particolarmente preoccupante per le industrie che dipendono da minerali rari come il litio o il cobalto. Aumentare il recupero e la separazione dei materiali è fondamentale per rendere il riciclo più disponibile e conveniente. Anche qui, la tecnologia può facilitare questo processo: Apple, ad esempio, ha sviluppato Daisy, un robot in grado di scomporre un iPhone in componenti riutilizzabili in 18 secondi, inclusi minerali rari come cobalto, oro e platino. O anche il progetto HolyGrail, che utilizza filigrane digitali nei prodotti per facilitare la selezione dei materiali riciclabili a fine vita.
di Antonio Carnevale
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