Le parole sono importanti. Cosa resta nel 2022, nel pieno della crisi climatica, della celebre citazione di Nanni Moretti in Palombella rossa? Forse l’immutata consapevolezza che per pensare bene, bisogna parlare bene e che per farlo è necessario conoscere a fondo gli argomenti di cui ci piacerebbe disquisire o, per lo meno, essere consapevoli del loro significato.
Se gli addetti ai lavori sono ormai consacrati al linguaggio del clima, per molti altri risulta difficile stare dietro a tutti i termini tecnici che fanno parte del lessico quotidiano della crisi climatica, con cui viene definito il destino del Pianeta e degli esseri viventi che lo abitano. Ecco, dunque, un piccolo glossario, tratto in parte da un lavoro della CNN, che potrà essere utile per meglio interpretare gli esiti dei negoziati sul clima e avere una visione più completa e aderente alla realtà dei fatti.
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Un obiettivo chiave degli ultimi vertici sul clima, e della lotta al cambiamento climatico in generale, è mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Si tratta di un impegno che negli anni ha incontrato delle resistenze, soprattutto da parte dei Paesi tra i maggiori produttori di combustibili fossili, ma gli scienziati hanno messo in guardia: se questa soglia venisse superata, gli impatti sarebbero ingenti.
I Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi nel 2015 sono stati concordi nel limitare l’aumento delle temperature globali a meno di 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali, ma preferibilmente a 1,5 gradi.
Tuttavia, come ha rilevato l’Emissions gap report messo a punto dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) e pubblicato a ottobre, “la finestra di tempo per agire e limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi si sta chiudendo rapidamente”. È necessaria una riduzione del 45% per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi ma se si manterranno le politiche attuali, si prevede che l’aumento della temperatura globale alla fine del secolo sarà di 2,8°C. Per capire la portata di questi numeri basta considerare che il sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha stimato la media decennale per il periodo 2013-2022 a 1,14 [1,02-1,27]° C al di sopra della linea di base. Dal 2011 al 2020 era 1,09° C.
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L’energia rinnovabile proviene da fonti che non possono esaurirsi, e il termine è tipicamente usato per descrivere le fonti energetiche che non producono emissioni, o ad emissioni molto basse. Gli scienziati hanno dimostrato che, per evitare che le temperature globali aumentino ulteriormente, è necessario abbandonare i combustibili fossili e passare alle energie rinnovabili. Esempi comuni di energia rinnovabile sono l’eolico, il solare e il geotermico.
Le turbine eoliche sfruttano l’energia cinetica del vento e la convertono in elettricità. Il potenziale del pianeta per la produzione di energia eolica è elevato, soprattutto nelle zone molto ventose in mare aperto, il cosiddetto eolico offshore.
L’energia solare o fotovoltaica viene generata convertendo la luce del sole – la risorsa energetica naturale più abbondante – in elettricità attraverso pannelli fotovoltaici.
L’energia geotermica consiste nello sfruttare il calore della Terra che si trova al di sotto del livello della superficie terrestre – da basse profondità fino a vari chilometri al di sotto della superficie terrestre – per riscaldare case, l’acqua o generare elettricità.
Sebbene siano stati creati da processi naturali, i combustibili fossili come il carbone, il gas e il petrolio sono limitati in quanto richiedono milioni di anni per formarsi nelle profondità del sottosuolo.
Quando sentiamo parlare di “livelli preindustriali”, citati in precedenza in riferimento all’innalzamento della temperatura della terra (vedi 1,5°), solitamente ci si riferisce alla concentrazione media di anidride carbonica nell’atmosfera prima della rivoluzione industriale, iniziata alla fine del XVIII secolo.
Si stima che all’epoca i livelli di CO2 fossero di circa 280 parti per milione. Secondo il report Greenhouse Gas Bulletin, realizzato nel 2021 dalla World Meteorological Organization in vista della COP27, la concentrazione è salita a 415,7 parti per milione.
Gli scienziati parlano anche di livelli preindustriali per le temperature medie, utilizzando il periodo 1850-1900 per determinare la temperatura della Terra prima che l’uomo iniziasse a emettere gas serra in grandi quantità.
Come spigato dall’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico promosso dall’Onu, in un focus dedicato, per raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5°C, le emissioni globali di carbonio dovrebbero raggiungere intorno alla metà del secolo quello che gli esperti definiscono con l’espressione lo “zero netto”. Lo zero netto o net zero si riferisce all’equilibrio tra la quantità di gas serra prodotti dalle attività antropiche e la quantità rimossa dall’uomo: dunque bilanciare le emissioni considerate inevitabili con un assorbimento equivalente.
Le strategie per la rimozione del carbonio dall’atmosfera si possono dividere principalmente in due macro-modalità: l’approccio relativo alla gestione e all’utilizzo del suolo, come il ripristino delle foreste e l’aumento dell’assorbimento di carbonio da parte del suolo, e l’approccio tecnologico, come la cattura e lo stoccaggio diretto dell’aria, o la mineralizzazione, che catturara la CO2 mentre viene emessa e prima che entri nell’atmosfera.
Al concetto di net zero, troppo spesso usato impropriamente da aziende e Paesi, i movimenti ambientalisti contrappongono il real zero emission, che implica il lasciare le risorse fossili nel sottosuolo, senza l’illusione di continuare a produrre con gli stessi ritmi confidando in una successiva rimozione di CO2 in grado di neutralizzare le emissioni.
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di Redazione EconomiaCircolare.com
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