In occasione delle celebrazioni dell’International E-Waste Day, Il WEEE Forum ha organizzato un webinar, insieme a unitar, per presentare The Global E-waste Monitor 2020, report pubblicato all’inizio dell’anno che rappresenta una ricca fonte di statistiche sui rifiuti elettronici di tutto il mondo: le quantità di RAEE prodotti nel 2019, i danni che questi rifiuti possono provocare se non correttamente gestiti e il loro potenziale in un’ottica di economia circolare. Abbiamo seguito il webinar e approfondito insieme all’autrice principale Vanessa Forti le tematiche più interessanti e i comportamenti virtuosi che ci permetteranno di costruire insieme un futuro sostenibile.
Il consumo di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE) è fortemente legato allo sviluppo diffuso dell’economia globale. Livelli più elevati di redditi, crescente urbanizzazione e mobilità e aumento di industrializzazione in alcune parti del mondo stanno portando a quantità sempre maggiori di AEE.
In media, il peso totale del consumo globale di AEE (esclusi i pannelli fotovoltaici) aumenta ogni anno di 2,5 milioni di tonnellate (Mt).
Nel 2019, il mondo ha generato 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, ossia una media di 7,3 kg pro capite. Dal 2014, la generazione globale di rifiuti elettronici è cresciuta di 9,2 milioni di tonnellate e si prevede che crescerà fino a 74,7 milioni di tonnellate entro il 2030, raddoppiando le quantità rispetto a 16 anni fa.
L’aumento di questi rifiuti è alimentato principalmente da tassi di consumo più elevati, cicli di vita brevi e poche possibilità di riparazione.
Qualche esempio: nel 2019, l’Asia ha generato 24,9 milioni di tonnellate cioè la più alta quantità di rifiuti elettronici, seguita dalle Americhe (13,1 milioni di tonnellate) e dall’Europa (12 milioni di tonnellate). Diversi i numeri per Africa e Oceania che hanno generato rispettivamente 2,9 milioni di tonnellate e 0,7 milioni di tonnellate.
Analizziamo insieme come una corretta gestione e un ottimale riciclo dei RAEE possano contribuire allo sviluppo dell’economia circolare, mentre come uno smaltimento improprio possa invece avere impatti molto negativi sulla salute dell’ambiente e delle persone.
Le Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche rappresentano una vera e propria miniera. Infatti, al loro interno si possono trovare fino a 69 elementi della tavola periodica, compresi i metalli preziosi (come ad esempio oro, argento, rame, platino, palladio, rutenio, rodio, iridio e osmio), materie prime critiche (CRM) (Cobalto, palladio, indio, germanio, bismuto e antimonio) e metalli non critici, come alluminio e ferro.
In un’ottica di economia circolare, i RAEE costituiscono un’importante fonte di materie prime secondarie. Questo perché a causa delle fluttuazioni dei prezzi di mercato, della scarsità di materiale, della disponibilità e dell’accesso alle risorse, è diventato necessario migliorare l’estrazione di risorse secondarie e ridurre la pressione sulle materie vergini. Riciclando i rifiuti elettronici, i Paesi potrebbe mitigare la loro domanda di risorse in modo sicuro e sostenibile.
Nel 2019, la domanda di ferro, alluminio e rame per la produzione di nuovi dispositivi elettronici è stata circa 39 milioni di tonnellate Mt. Metalli che hanno rappresentato la maggioranza del peso totale delle materie prime presenti nei RAEE.
La cosa da non dimenticare è che i dispositivi elettronici contengono anche sostanze pericolose, solitamente metalli pesanti come mercurio, cadmio o piombo e sostanze chimiche come i clorofluorocarburi (CFC), gli idroclorofluorocarburi (HCFC) e i ritardanti di fiamma. Circa 71 chilotoni di plastica contenente BFR (Bromurato Ritardanti di fiamma) derivano dai flussi non regolamentati di rifiuti elettronici generati nel 2019. In particolare, i BFR sono utilizzati negli apparecchi per ridurre l’infiammabilità del prodotto, che compare, ad esempio, negli involucri esterni di computer, circuiti stampati, connettori, relè, fili e cavi (McPherson, Thorpe e Blake 2004 e Herat 2008).
La plastica contenente BFR rappresenta una grande sfida per il riciclo dei rifiuti elettronici a causa dei costi legati alla separazione della materia contenente PBDE (Eteri di Difenile Polibromurato) e PBB (Bifenili polibromurati) di altra plastica. Nella maggior parte casi, i riciclatori a norma inceneriscono la plastica contenente PBDE e PBB in condizioni controllate per evitare il rilascio di diossine e furani.
D’altra parte, se l’incenerimento non viene effettuato in modo corretto, tali sostanze possono comportare rischi alla salute e all’ambiente.
Alcuni di questi contaminanti, come PBDE e PBB, sono infatti banditi in Europa. Studi di valutazione del rischio hanno dimostrato che tali sostanze sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche e possono essere responsabili di danni ai reni e di disturbi alla pelle, oltre ad avere effetti sul sistema nervoso e su quello immunitario.
Se questi apparecchi vengono abbandonati in discariche a cielo aperto invece di essere correttamente riciclati, i rischi aumentano in maniera esponenziale: il mercurio – ad esempio – può entrare nella catena alimentare e accumularsi negli organismi viventi causando danni al sistema nervoso centrale, alla tiroide, ai reni, ai polmoni e al sistema immunitario.
Nei paesi a medio e basso reddito, le infrastrutture di gestione dei RAEE non sono ancora completamente sviluppate oppure, in alcuni casi, sono del tutto assenti. Quindi, i rifiuti sono gestiti principalmente in modo informale, con gravi effetti sulla salute dei lavoratori e sui bambini che spesso vivono, lavorano e giocano vicino a queste attività.
Studi hanno riportato collegamenti tra l’esposizione al riciclo informale dei rifiuti elettronici e gravi conseguenze negative correlate alla nascita (bambini nati morti, parti prematuri, minore età gestazionale, peso e lunghezza inferiori alla nascita e punteggi APGAR sottostanti) e alla crescita (alterato sviluppo neurologico, effetti negativi sull’apprendimento, sul comportamento e sulle funzioni del sistema immunitario e polmonare).
Un piccolo numero di studi ha anche suggerito che danni al DNA, mutamenti genetici, cambiamenti cardiovascolari, rapida insorgenza della coagulazione del sangue, perdita dell’udito e della memoria olfattiva possono essere associate all’esposizione di rifiuti elettronici non correttamente gestiti.
In questi Paesi, la mancanza di norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro porta a un aumento del rischio di infortuni per i lavoratori in termini di smantellamento e riciclo dei RAEE. Le persone che si occupano di rifiuti elettronici in situazioni non conformi hanno anche segnalato stress, mal di testa, mancanza di respiro, dolore al petto, debolezza e vertigini. Un piccolo numero di studi ha anche riportato effetti derivanti sulla funzionalità epatica, sul livello di glucosio nel sangue a digiuno, disturbi riproduttivi e conseguenze sulla qualità dello sperma.
Due lati della stessa medaglia. I RAEE possono diventare risorse preziose che riducono il consumo di materie prime assicurando un futuro più sostenibile oppure rappresentare un pericolo per la nostra salute e per quella dell’intero Pianeta.
Occorre focalizzarsi sulle esigenze delle generazioni future e imboccare la via dell’innovazione e della sostenibilità. Insieme.
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