Dopo un difficile 2019 dove l’Amazonia e l’Australia sono state devastate dagli incendi boschivi, nel nostro Paese boschi e foreste si stendono con fermezza. Dati positivi per tutta l’Europa, dove il verde conquista una superficie pari a 9.500 chilometri quadrati, l’equivalente di 1 milione e duecentomila campi di calcio.
Il 2019 è stato il secondo anno più caldo dal 1800, ma soprattutto un anno terribile per i polmoni verdi del pianeta. Dieci milioni di ettari di foresta australiana sono andati persi a causa della propagazione di incendi massivi, la foresta amazzonica è stata devastata da 74.155 incendi la cui origine, secondo fonte NASA, sarebbe legata al disboscamento illegale operato dai grandi allevatori per l’estensione dei pascoli.
In questo preoccupante scenario, l’Europa va fortunatamente in controtendenza. La buona notizia è che le foreste sono cresciute di9.500 km quadrati e l’Italia, negli ultimi 30 anni, detiene il record continentale di crescita.
In Europa, le campagne di rimboschimento e il progressivo abbandono dei pascoli hanno contribuito ad una crescita verde di ben 800 metri quadrati al minuto, per una superficie che copre il 36 per cento del territorio nazionale.
Diego Florian, Direttore del Forest Stewardship Council in Italia, ha precisato però che rimane di fondamentale importanza preservare anche gli alberi già esistenti, perché i risultati del rimboschimento saranno quantificabili solo nell’arco di decenni.
Inoltre, l’utilizzo sostenibile delle risorse forestali non è ancora un obbligo, ma può essere incentivato promuovendo i benefici che si possono ottenere anche a livello di comunicazione e di iniziative commerciali, come ha sottolineato Davide Pettenella, professore di economia e politica forestale dell’università di Padova.
Ciononostante, anche il nostro Paese non è immune dagli incendi, soprattutto di origine dolosa. Il terzo inventario forestale nazionale dell’Arma dei Carabinieri ci dice infatti che negli ultimi 40 anni abbiamo perso a causa di ciò oltre 4 milioni di ettari boschivi.
La crescita forestale necessita di tempi molto più lunghi rispetto a quelli umani. Per questo diventa imprescindibile una pianificazione che tenga conto di fattori chiave quali i cambiamenti climatici che possono essere contrastati normalizzando il numero di innesti e soprattutto scegliendo specie più adatte alla siccità.
Giorgio Vacchiano, docente e ricercatore di gestione e pianificazione forestale all’Università Statale di Milano, porta ad esempio il caso della tempesta che ha colpito il nordest nel 2018: un mare di alberi abbattuti dal maltempo, anche a causa dell’abuso di monocoltura di abete rosso che da oltre un secolo veniva praticata nella zona. Radici molto superficiali non hanno potuto resistere alle violente folate di vento che hanno accompagnato la tempesta.
Un ostacolo alla pianificazione dipende dal fatto che oltre due terzi del patrimonio forestale italiano è privato. Per questo è auspicabile la diffusione del cosiddetto “uso civile” che permette alle comunità di intervenire sul suolo forestale privato in abbandono. Il presidente della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale Renzo Motta pone invece l’accento sulla tutela delle foreste vetuste, preziose culle di biodiversità tutelate dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
Nel nostro territorio, solo una piccola parte delle foreste sottoposte a vincolo naturalistico ha caratteristiche di vetustà. Questo perché solo negli ultimi 50 anni abbiamo iniziato a valutare i parametri di tale classificazione che, nello specifico, richiede infatti il monitoraggio del legno morto e delle specie di insetti che se ne nutrono. Uno studio che permetterà di raccogliere informazioni cruciali per la salvaguardia di questi antichi ecosistemi così importanti per la salute del nostro pianeta terra.
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