La prevenzione dei rifiuti, evitare cioè di produrli, è la prima opzione nella legislazione europea fin dalla direttiva Quadro Rifiuti del 1975 (1975/442/EEC). Ma cosa fa il nostro Paese per la riduzione dei ridurre rifiuti? L’Italia, allineandoci alla normativa comunitaria, ha adottato un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, e anche il Piano d’Azione per l’Economia Circolare e il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti prevedono, ovviamente, misure per la riduzione dei rifiuti. A giudicare dai dati raccolti da ISPRA nei propri rapporti annuali sui rifiuti, però, la riduzione è ancora un miraggio. Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2022 dell’’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dopo il 2020 caratterizzato dai drammatici effetti della pandemia, nel 2021 in Italia la produzione dei rifiuti urbani è tornata a crescere: +2,3% rispetto all’anno prima, 29,6 milioni di tonnellate in tutto (EconomiaCircolare.com lo ha raccontato qui). Quanto ai rifiuti speciali (ne abbiamo scritto qui), quelli cioè delle attività produttive, gli ultimi dati – in calo del 4,5% rispetto a quelli dell’anno precedente – fanno riferimento al 2020 ma, come spiega ISPRA, “sono stati fortemente influenzati dall’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha segnato, nel 2020, il contesto socioeconomico nazionale”.
Quali sono le iniziative in campo, a livello territoriale, per alleggerire le pattumiere? Come al solito per farci un’idea possiamo ricorrere alle ricerche dell’ISPRA, in particolare ad un report – “Indagine conoscitiva sulle misure di prevenzione della produzione dei rifiuti urbani adottate dai comuni” – elaborato dal Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare dell’Istituto e pubblicata nel luglio 2022.
Facciamo però un passo indietro e vediamo cosa prevede la normativa
La direttiva europea quadro sui rifiuti (la 2008/98/CE recepita dall’Italia nel dicembre 2010) introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti, che fissino specifici obiettivi, con lo scopo di “dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti”.
Per quanto possa sembrare banale, vale la pena definire cosa dobbiamo intendere per prevenzione.
La Direttiva europea definisce “prevenzione” le misure adottate “prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventino un rifiuto e che quindi sono in grado di ridurre:
Il Programma approvato dal nostro Paese nel 2013 indica i seguenti obiettivi:
Definiti gli obiettivi, il Programma indica ventaglio di misure:
All’articolo 30, la direttiva quadro sui rifiuti stabilisce che almeno ogni 6 anni gli Stati membri valutino i propri programmi di prevenzione e, “se opportuno”, li riesamino. Ci spiega Andrea Lanz del Centro Nazionale Rifiuti di ISPRA: “Il programma in vigore è attualmente sempre quello del 2013. È operativo un tavolo di lavoro avente le finalità di aggiornare il programma anche alla luce delle modifiche intervenute con il recepimento del pacchetto rifiuti, avvenuto con il d.lgs. n. 116/2010”.
Il documento della Commissione si conclude con un auspicio: “In ogni caso, occorrerà far tesoro delle buone pratiche locali esistenti facendone conoscere caratteristiche e risultati e favorendone la replicabilità in altri contesti. L’informazione e la sensibilizzazione dei cittadini ricopriranno un ruolo fondamentale per orientare i comportamenti di produzione e consumo verso modelli con minore impatto in termini di produzione dei rifiuti”.
Vediamo allora come si sono mosse le amministrazioni locali.
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di Daniele Di Stefano
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