Piccoli Raee grandi danni. Perché non dobbiamo abbandonare i rifiuti elettronici in casa

Sepolti nei cassetti più nascosti delle abitazioni o semplicemente inutilizzati da anni, i rifiuti elettronici non sono la prima cosa che viene in mente quando pensiamo ai cambiamenti climatici. Eppure, senza essere paragonabili agli enormi danni causati al Pianeta dalle emissioni legate all’utilizzo dei combustibili fossili o degli allevamenti intensivi, i Raee (Rifiuti Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) sono comunque un problema per l’ambiente, destinato a crescere anno dopo anno e uno spreco di risorse in ottica di economia circolare.

Un’immagine contenuta nell’ultimo rapporto del WEEE Forum, l’associazione europea che riunisce i consorzi dedicato alla gestione dei Raee, rende bene l’idea di quanto il fenomeno sia su larga scala. Nel 2022 cesseranno di essere utilizzati circa 5,3 miliardi di dispositivi mobili o smartphone: impilandoli uno sopra l’altro arriverebbero a un’altezza 120 volte superiore all’orbita della Stazione spaziale internazionale e otto volte la distanza dalla Terra alla Luna. Eppure, invece di un problema, questi rifiuti potrebbero essere una risorsa se venissero riparati o riciclati, utilizzando le preziose componenti all’interno per realizzare nuovi prodotti.

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Una “discarica” di Raee nelle abitazioni

Computer e smartphone sono peraltro una piccola parte dei dispositivi elettronici: lo sviluppo tecnologico ha in pochi anni reso obsoleti e inutilizzati lettori Dvd, vecchi modelli di telefono cellulare, tastiere, caricabatterie, telecomandi, lettori Mp3 e console di videogiochi, navigatori satellitari o comuni oggetti di cucina o asciugacapelli, mentre ha creato nuovi prodotti come le sigarette elettroniche. Secondo l’indagine commissionata dal WEEE Forum, circa il 17% delle apparecchiature elettroniche nelle case dei cittadini europei non è più utilizzata: significa almeno uno su sei. Più nel dettaglio, circa il 20% dei televisori e addirittura il 30% dei telefoni cellulari e delle console di videogiochi.

A cosa è dovuta questa “sindrome di accumulo”? A sentire le risposte date nell’indagine condotta da Ipsos per Erion in occasione della Giornata internazionale dei rifiuti elettronici, lo scorso 14 ottobre, nel 46% dei casi c’è la convinzione di poterli un giorno utilizzare nuovamente, o almeno le parti di ricambio, mentre tra gli altri motivi citati ci sono anche ragioni sentimentali e il timore di perdere dati sensibili.

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Spesso è un problema di informazione

La cosa sorprendente è che, spesso, a non conferire correttamente i dispositivi elettronici sono persone abituate a fare la raccolta differenziata: il 23% degli intervistati per la ricerca del WEEE Forum ha dichiarato di non sapere neppure quali siano le corrette procedure per lo smaltimento. Il problema è particolarmente evidente nel caso dei giovani, spesso gli utilizzatori più intensivi dei dispositivi elettronici.

Dall’altra indagine di Ipsos-Erion emerge, infatti, come l’89% dei 18-26enni abbia almeno un apparecchio elettrico o elettronico ormai in disuso. Solo il 26% sa cosa significhi l’acronimo Raee e due terzi degli intervistati non sono a conoscenza dei problemi ambientali collegati. Come conseguenza, quattro giovani su dieci nell’ultimo anno si sono liberati del proprio caricabatterie gettandolo nel sacco dell’indifferenziata.

Mentre i consumi degli apparecchi elettrici ed elettronici crescono a un tasso di circa il 4% annuo, creando una mole di Raee difficili da gestire. Solo il 17,4% dei 50 milioni di tonnellate di e-waste prodotta nel 2019 è stata smaltita correttamene o riciclata. E se le cose vanno meglio in Europa dove il tasso di riciclo medio arriva al 43%, negli Stati Uniti e nel Sud America non supera il 10%. Si tratta di abitudini di consumo non più sostenibili.

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di Tiziano Rugi

 

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