Le vendite di auto elettriche nell’Unione Europea sono aumentate di dieci volte negli ultimi cinque anni, raggiungendo la cifra record di 1,7 milioni di unità lo scorso anno. Ma per un’efficace transizione verso la mobilità elettrica non è necessario soltanto incentivare l’acquisto dei veicoli. Bisogna anche garantire la diffusione sul territorio di un’infrastruttura di ricarica rapida e accessibile. Basti pensare che, nello stesso periodo, il numero di stazioni di ricarica pubbliche è cresciuto solo di 2,5 volte.
Il Parlamento europeo ha votato lo stop alla vendita di auto nuove a benzina, diesel e ibride a partire dal 2035. Se l’Unione Europea intende davvero puntare solamente sulle auto elettriche servirà un piano ambizioso e con obiettivi ben precisi per quanto riguarda la creazione di un’infrastruttura di ricarica in tutti i Paesi membri.
Secondo una ricerca commissionata dall’Acea, l’Associazione Costruttori Europei di Automobili, per centrare il target fissato per il contenimento delle emissioni di CO2, serviranno 6,8 milioni punti di ricarica per la mobilità elettrica entro il 2030. Questo significherebbe installare in media 14mila punti di ricarica alla settimana, ovvero più di sette volte gli attuali 2mila.
Attualmente nel nostro Paese ci sono circa 30mila punti di ricarica. Se si calcola il rapporto tra numero di infrastrutture di ricarica e numero di veicoli elettrici, l’Italia è sopra la media europea. Il numero dei punti di ricarica però rimane basso, specialmente nel Centro-Sud e nelle isole.
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Nel maggio 2021 la Corte dei Conti Europea ha riscontrato che, nonostante alcuni risultati raggiunti, come la promozione di uno standard comune UE per i connettori e il migliorato accesso a diverse reti di ricarica, permangono ancora ostacoli agli spostamenti con veicoli elettrici in tutta l’Unione europea.
Siamo molto lontani dall’obiettivo stabilito nel Green Deal di un milione di punti di ricarica entro il 2025 e, inoltre, la diffusione delle stazioni di ricarica non è per nulla uniforme. Secondo i numeri diffusi da Acea, metà dei punti di ricarica si trova concentrata in soli due Paesi, che rappresentano solamente il 10% del territorio Ue: Olanda – con 90mila punti di ricarica – e Germania (60mila). L’altra metà dei punti di ricarica è sparsa negli altri 25 Paesi dell’Unione.
Il divario maggiore si registra tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale. La Romania, che è circa sei volte più grande dell’Olanda, dispone appena dello 0,4% di tutti i punti di ricarica dell’Unione Europea. La crescita non è omogenea soprattutto perché ci sono Paesi che stanno investendo molto nelle colonnine e altri che lo stanno facendo molto meno. C’è dunque bisogno di un cambio di passo.
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di Antonio Carnevale
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