La guida per scovare il greenwashing e i claim da evitare

Negli spot in TV, online, sulle confezioni dei prodotti: sentiamo parlare sempre più spesso di sostenibilità ambientale e, il più delle volte, con termini vaghi o poco chiari. Questo denota la volontà, consapevole o meno, di cercare di salire sul carro dell’ambientalismo per strizzare l’occhio a tutti quei consumatori che vogliono orientarsi verso acquisti più consapevoli.

Eppure, non di rado quello che dovrebbe essere una trovata di marketing per fidelizzare il consumatore, finisce per essere una trappola: il greenwashing, quando si riconosce, non perdona ed è difficile che si torni ad acquistare un prodotto dopo aver scorto una comunicazione poco chiara e fuorviante. Può inoltre esporre un’azienda a multe salate e a problemi legali.

Ecco dunque una lista di termini o modi di esprimersi da evitare basata sulla Green Guides della Federal Trade Commission (FTC) statunitense, nota anche come Guide for the user of environmental marketing claims e ripresa in parte da Greenbiz.com. Una breve guida utile sia per le aziende che non vogliono incappare in un greenwashing involontario sia in quei consumatori che vogliono vederci chiaro prima di acquistare un prodotto.

Greenecologico e altri termini generici

“Verde”, “ecologico”, “rispettoso dell’ambiente”, “naturale”, “sostenibile” sono termini spesso utilizzati in modo troppo generico e quindi fuorviante.

L’agenzia disapprova le affermazioni riguardo un beneficio ambientale non ben specificato, anche perché definire qualcosa “eco-friendly” implica che non abbia alcun impatto negativo  – affermazione che, viene da sé, non può essere vera per nessun prodotto – esorta quindi a qualificare queste affermazioni con benefici ambientali “chiari, evidenti e specifici”.

Gli stessi concetti sono alla base della guida dell’Ombudsman dei Consumatori danese (un ente simile alla nostra Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni  – Agcom) finalizzata a supportare le aziende nell’evitare dichiarazioni ambientali ingannevoli. Anche secondo la guida danese l’uso di affermazioni generiche, come “rispettoso del clima”, “rispettoso dell’ambiente”, “verde” devono essere dimostrate attraverso dati e studi scientifici.

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Compensazione delle emissioni di carbonio

Secondo la Federal Trade Commission (FTC) statunitense, se l’azienda che si occupa della compensazione delle emissioni di anidride carbonica si avvale di metodi quantificabili e verificabili, allora questa informazione può essere utilizzata nel marketing. Tuttavia, è necessario che si dichiari anche entro quando saranno ridotte le emissioni, se ad esempio si prevede che non saranno ridotte prima di uno o due anni.

Il greenwashing delle certificazioni

Per utilizzare una certificazione o un marchio di qualità che attiene alla sostenibilità ambientale nel marketing o sull’imballaggio, è necessario chiarire che legame c’è tra l’azienda e il gruppo che la sostiene, ad esempio se quest’ultima riceve fondi dall’azienda. Le affermazioni, esplicite o implicite, devono essere motivate; inoltre deve essere chiaro a quale ambito si riferisce la certificazione o il marchio in questione. Se ne dovrebbero esplicitare i i benefici ambientali o rimandare a un sito web per ottenere maggiori informazioni.

Compostabile

Per definire un prodotto “compostabile” secondo la FTC quel prodotto deve poter essere compostato in maniera sicura e anche piuttosto rapida anche a casa propria, attraverso la pratica del compostaggio domestico. In pratica, se il prodotto o l’imballaggio in questione richiede il compostaggio in un grande impianto industriale che spesso non è disponibile per tutti gli impianti di compostaggio, allora  secondo la FTC l’indicazione di compostabilità può non essere corretta.

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Biodegradabile 

Allo stesso modo se un prodotto e la sua confezione si decompongono completamente e “ritornano alla natura” entro un anno, allora secondo la FTC si può chiamare “biodegradabile”. In caso contrario, o se l’articolo finirà per accumularsi in una discarica, bruciare in un inceneritore o essere riciclato, l’azienda dovrebbe evitare questo termine.

Privo di

Quando si tratta di inserire la dicitura “privo di” su un prodotto occorre prestare attenzione: secondo la FTC, se rimangono delle tracce della sostanza in questione a causa del processo di lavorazione è accettabile se la quantità non causa danni o non è stata aggiunta intenzionalmente. Tuttavia, se il prodotto è “privo di” una sostanza ma ne contiene un’altra altrettanto rischiosa per l’ambiente, è meglio evitare questo termine. Inoltre, non è il caso di apporre questa frase su un prodotto che normalmente non conterrebbe la sostanza che rivendica come assente.

Meno rifiuti di / meno tossico di

Meno di cosa? Secondo la FTC è necessario specificare quali sono i termini di paragone: si può affermare, ad esempio, che una bottiglia produce il 20% di rifiuti in meno rispetto alla versione precedente del prodotto ma è necessario specificare con cosa si sta confrontando quella percentuale.

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di Redazione EconomiaCircolare.com

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