Giornata mondiale dell’alimentazione, quel cibo che fa male al pianeta

Che cosa c’è di più innocente di un bel piatto di pasta condito con una delle nostre ricette tradizionali? Ebbene, anche dietro ad un innocuo spaghetto può celarsi tutto il peso di un’industria alimentare in crisi, che genera emissioni climalteranti, attenta alla biodiversità, riduce risorse naturali e inquina. Nella giornata mondiale dell’alimentazione non possiamo esimerci da una riflessione su cosa mangiamo, da chi la compriamo e che conseguenze determina nell’equilibrio del pianeta e dei suoi abitanti.

Sia causa che vittima dei cambiamenti climatici 

La prima cosa da sapere è che, sebbene il sistema alimentare sia al centro della nostra sussistenza, è anche quello a più alto impatto per la salute del pianeta. Si stima che l’industria alimentare sia responsabile del 30% delle emissioni mondiali di gas serra, mentre l’espansione di terre coltivate, pascoli e piantagioni è parte del problema della scomparsa delle foreste.

Le tecniche di coltivazione, spesso insostenibili, impoveriscono i terreni, inquinano, prosciugano le risorse idriche e riducono la biodiversità. Non solo il settore primario è tra i principali responsabili della crisi climatica, è al contempo anche quello che ne subisce le conseguenze più gravi. L’intensificarsi degli eventi climatici avversi incide sulle produzioni, l’aumento delle temperature fa oscillare le rese e la siccità riduce le risorse idriche.

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Il fallimento del sistema alimentare mondiale

Se a questo si aggiunge il recente effetto della pandemia e dei nuovi conflitti che hanno fatto schizzare i prezzi alimentari e aumentato le persone in povertà sia nei paesi poveri che a reddito medio, l’obiettivo numero due dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a sconfiggere la fame e garantire la sicurezza alimentare, assume l’aria di una utopia.

Come scrivono gli esperti incaricati dalla FAO di stilare delle raccomandazioni in vista del Food System Summit dello scorso 23 settembre (riportato su “Il mondo ha fame”, New frame, tradotto da Internazionale), un decimo della popolazione del pianeta è malnutrita mentre un quarto è obesa, decretando il fallimento del sistema alimentare mondiale.

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La rivoluzione circolare

La chiamata per una sua rivoluzione, che renda più equo il mercato per i piccoli produttori, per i cittadini a basso reddito, per la salute del pianeta e delle persone, nonché per scongiurare nuovi conflitti per l’approvvigionamento delle risorse alimentari sempre più scarse, è impossibile da ignorare. E infatti, le proposte non mancano. Ne è un esempio la strategia Farm to fork della Commissione europea, che scommette sulla bioeconomia circolare come modello per la sostenibilità dei sistemi agroalimentari e per la transizione ecologica del settore agricolo.

Tra gli strumenti di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, Farm to fork identifica l’agricoltura di precisione, l’agricoltura biologica e l’agro-fotovoltaico (sinergia tra la produzione agricola ed elettrica). È stato stimato che la realizzazione di tutte le fasi del processo produttivo secondo i principi dell’economia circolare possa portare a una riduzione, a livello globale, di 7,2 GtCO2eq all’anno (fino a 20% della riduzione necessaria entro il 2050).

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di Nicoletta Fascetti Leon

 

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