Crisi climatica e agenda 2030, Johan Rockström: “Non esistono attualmente indicazioni che avremo successo”

“Prima di ridurre, bisogna iniziare a smettere di investire su risorse di energia sbagliate e dannose”. Johan Rockström, fondatore dello Stockholm Resilience Centre e direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, ha parlato di sostenibilità e sfide per il futuro, ospite del podcast “Transformers”.

“Non raggiungeremo gli obiettivi compresi negli Accordi di Parigi a meno che non saremo in grado di fronteggiare tutti i confini planetari allo stesso tempo”. Rockstrom ha introdotto il concetto di confine planetario nel 2009 per definire uno “spazio operativo sicuro” in cui poter agire senza compromettere il futuro del pianeta. Secondo lo scienziato, l’obiettivo di dimezzare le emissioni entro il 2030 rappresenta una sfida enorme e non esistono attualmente indicazioni che avremo successo: “dobbiamo piegare le curve ora”, ha detto.

Una situazione a dir poco critica quella disegnata da Rockström, confermata dalla pubblicazione del rapporto The Closing Window – Climate crisis calls for rapid transformation of societies del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Anche il report attesta infatti che la comunità internazionale è molto lontana dagli obiettivi di Parigi di limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, preferibilmente 1,5°C, e che solo un’urgente trasformazione del sistema può evitare il disastro climatico.

Cambiamento climatico: Ground Zero e i punti di non ritorno

Il climatologo ha parlato ampiamente dei quattro sistemi biofisici chiave a rischio tipping point, ovvero pericolosamente vicini ad oltrepassare il punto critico di non ritorno.

Rockstrom li chiama i Ground Zero della terra e sono:

  • L’Artico e la Groenlandia, regione che desta enormi preoccupazioni per lo scioglimento dei ghiacci; fenomeno che Rockstrom definisce una delle principali cause delle recenti ondate di caldo in Europa.
  • La foresta Amazzonica, il più ricco ecosistema terrestre e casa dell’habitat più biodiverso al mondo, vicinissimo al punto di non ritorno a causa della deforestazione.
  • Il terzo Ground Zero è l’Antartide occidentale che, stando a quanto spiegato dallo scienziato, si è rilevata più sensibile ai cambiamenti climatici dell’Artico, essendo composta da ghiaccio su roccia. Per questo motivo – ha spiegato – non si scioglie dall’alto, dove anzi cresce, ma perde ghiaccio dal basso.
  • E infine, le barriere coralline tropicali, sistema a fortissimo rischio scomparsa con l’aumento di 1,5 gradi delle temperature.

“L’avvicinarsi di questi sistemi al punto di non ritorno dovrebbe rappresentare, non solo un campanello di allarme, ma anche il segnale abbastanza chiaro che bisogna agire ora – ha dichiarato Rockstrom – Dieci anni fa non avevamo tutti queste prove, ma oggi la scienza è in grado di dimostrare che l’impegno a restare sotto i due gradi di aumento delle temperature e l’obiettivo di 1,5 è il confine da non superare”.

Cambiamento climatico: leadership dell’Ue

Secondo Rockstrom, l’Unione europea è, attualmente, l’unica regione a dimostrare leadership in materia di cambiamento climatico.

“La più grande unione economica del mondo sta iniziando ad avere politiche ambientali efficaci che vanno nella direzione della scienza, come il legal climate framework o il percorso definito per arrivare a meno 55% di riduzione delle emissioni nel 2030 e a zero emissioni nel 2050”.

Il climatologo ha sottolineato anche l’importanza di dimostrare che questa transizione, non solo è raggiungibile, ma che non rappresenta una minaccia per lo sviluppo e che può essere, invece, di slancio per l’economa, la sicurezza e la competitività.

Leggi anche: Quanto è lontana l’Ue dagli obiettivi di sviluppo sostenibile? I dati di Eurostat

 

di Lucia Guarano

 

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