Un amico di questo giornale, Vittorio Cogliati Dezza, ha definito l’ambiente “l’insieme delle condizioni in cui si svolge la vita degli organismi”. Ed è una definizione che è piaciuta pure al dizionario Treccani, che la mette in calce a una spiegazione più ampia. Se è vero che probabilmente non troveremo mai una definizione univoca di ambiente che possa soddisfare tutte e tutti, l’espressione di Dezza ci torna utile per chiederci: qual è lo stato di salute di queste condizioni? Insomma: come sta l’ambiente in Italia?
Per rispondere un primo indicatore utile è la nostra percezione. E in questi giorni la percezione di chi vive soprattutto nella Pianura Padana, come ci insegnano le cronache, è pessima per quel che riguarda la qualità dell’aria. Mentre al Sud a preoccupare è soprattutto la siccità, con lo spettro dei razionamenti che si fa concreto già adesso. Ma cosa ci dicono i dati?
Per saperlo ci viene in aiuto l’edizione 2023 del Rapporto Ambiente – SNPA (Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente). Il volume, giunto alla quarta edizione, mette insieme i dati rilevati da ISPRA, l’ente pubblico nazionale di ricerca che ne coordina le attività, e delle agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano (le ARPA). Vengono analizzati 21 indicatori che delineano le tendenze delle principali tematiche ambientali: dalla circolarità dei modelli di produzione, distribuzione e consumo, all’efficienza energetica, dal livello di emissioni allo stato del capitale naturale.
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Dalle 291 pagine del report emerge che l’Italia ha un andamento ondivago a livello ambientale. Il nostro Paese si conferma in linea con gli obiettivi europei e di sviluppo sostenibile per la produzione di energia da fonti rinnovabili, vanta buoni livelli di raccolta differenziata dei rifiuti e diminuisce lo smaltimento in discarica. La qualità dell’aria – che, ricordiamolo, fa riferimento ai dati del 2021 – registra un lento miglioramento, soprattutto del particolato PM2,5. Arrivano buoni risultati anche dall’agricoltura biologica. Ma le buone notizie terminano qui.
Soprattutto a preoccupare sono gli indicatori climatici. Per quanto riguarda la mitigazione, vale a dire la riduzione delle emissioni di gas serra, il report fa notare da una parte che negli ultimi 30 anni “si sono ridotte di circa un quinto rispetto al 1990” ma dall’altra, dopo la battuta d’arresto dovuta al periodo pandemico, dal 2021 hanno ripreso a salire, dell’8,5% rispetto al 2020. Preoccupa anche lo stato dell’adattamento climatico in Italia, come ci insegna l’esperienza di questi anni: a fronte di condizioni climatiche nettamente peggiori (la scomparsa della neve, il suolo meno fertile, gli eventi meteorologici estremi), il piano nazionale di adattamento appare insoddisfacente (come abbiamo scritto qui) e va ancora peggio coi piani regionali.
“Nel 2021 le strategie (regionali, ndr) approvate sono 4 – sottolinea il rapporto – due in più rispetto al 2018. Una lieve tendenza positiva ma ancora del tutto insufficiente. Il dato non è confortante anche alla luce del fatto che la Strategia Nazionale è invece approvata dal 2015. L’unico Piano approvato, come nel 2018, è quello della Regione Lombardia. Quindi nessun segnale di crescita ma stabilità a livelli insoddisfacenti”.
Insomma: come si legge nella sintesi del rapporto “sebbene si siano osservati dei miglioramenti e le azioni intraprese, da parte del nostro Paese e delle singole realtà regionali, vadano nella giusta direzione, per alcune problematiche ambientali sono necessari ulteriori sforzi per il miglioramento e/o la conservazione delle condizioni ambientali”.
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di Redazione EconomiaCircolare.com
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