Clima, il cambiamento climatico è più grave di quanto si pensi: “Nel 2050 l’Italia subirà una crisi agricola e turistica senza precedenti”

Cosa succederebbe senza decarbonizzazione? Ecco un quadro molto realistico redatto dal “Climat Risk and response. Physical hazards and socioeconomic impacts”del McKinsey Global Institute.

Una situazione ai limiti del surreale quella che emerge dallo studio McKinsey, secondo il quale – nel corso dei prossimi 30 anni – circa un miliardo di persone si troverà ad affrontare una crisi senza precedenti a causa del cambiamento climatico. Le ripercussioni date dal climate change sconvolgeranno l’intera società e l’economia globale, mettendo a rischio milioni di persone, trilioni di dollari di attività economiche e importanti risorse materiali e naturali del Pianeta.

Già da questa breve descrizione, è possibile immaginare che la vita degli esseri umani sulla terra non sarà per niente facile. Il report infatti, valuta attraverso proiezioni gli effetti fisici dei cambiamenti climatici e il loro possibile impatto su diversi fattori, come ad esempio: vivibilità e lavorabilità, sistemi alimentari, risorse fisiche, servizi infrastrutturali e capitale naturale.

Dividendo il nostro pienata in sei zone climatiche lo studio prevede i seguenti scenari:

  • la 1° fascia sarà la più dannosa per le ondate di caldo potenzialmente letali in questa parte sono inclusi il sud est asiatico e l’Africa sub sahariana;
  • la 2° fascia che include le zone est dell’Asia e le zone centro sud di Africa, Sud America e Medio Oriente sarà investita da un aumento di calore e umidità senza precedenti anche se il rischio letale sarà più contenuto;
  • la 3° fascia sarà interessata dall’aumento di calore unito a siccità e include parte dei Balcani le aree a sud dell’Africa, l’est asiatico, e le aree più a nord del Sud America;
  • la 4° fascia che include il sud Africa, Europa del sud tra cui Italia, Australia, nord Africa e sud ovest asiatico affronterà la riduzione delle precipitazioni con conseguente stress idrico;
  • la 5° fascia è quella più al sicuro dall’emergenza e comprende il centro nord Europa, nord est asiatico, la Nuova Zelanda, la zona più a nord del continente americano e le zone montuose a nord del Sud America;
  • infine, l’ultima fascia che racchiude un gruppo di paesi tra cui Argentina, Brasile, Stati Uniti e Cina dovrà sopportare un clima estremamente umido e la scarsità di acqua.

Per più di 10.000 anni e lungo l’intera storia della civiltà umana, il clima è stato relativamente stabile. Adesso non lo è più– ha dichiarato Mekala Krishnan, uno dei coautori del Rapporto – Non già che ci stiamo muovendo verso una ‘nuova normalità’, bensì verso un mondo in cui il clima è in continua evoluzione, il che significa che anche il rischio climatico si sta evolvendo. E tutto ciò su cui gli uomini fanno affidamento per sopravvivere, comprese le colture che coltiviamo e le infrastrutture nelle città, sono ottimizzate per un insieme di variabili climatiche che sono rimaste le stesse nel tempo. Questo potrebbe ora mettere a rischio i sistemi in tutto il mondo. Alcuni cambiamenti sono più facili da apportare rispetto ad altri. Mentre è possibile impermeabilizzare, le colture che si sono evolute nel corso di migliaia di anni per crescere in una serie di condizioni non possono essere in grado di adeguarsi stante la velocità del riscaldamento globale”.

Andando più nel dettaglio, l’area mediterranea nel suo complesso vedrà un aumento di eventi atmosferici estremi, uragani seguiti da siccità e ancora aumento del livello del mare. In particolare, il nostro Paese sarà quindi investito da una crisi agricola e turistica senza precedenti, considerando che le condizioni avverse interesseranno un arco temporale di almeno 6 mesi all’anno.

Il turismo si sposterà in nord Europa dove le condizioni climatiche saranno più miti. La finanza globale subirà stress specialmente nelle zone più povere con conseguenti ondate migratorie senza precedenti. Il costo di adattamento dei Paesi più a rischio nel 2050 potrebbe raggiungere imponenti cifre stimate tra i 280-500 miliardi di dollari l’anno, difficilmente sopportabili per molti dei Paesi più poveri.

Questo scenario prevede come unica parziale soluzione il raggiungimento del livello zero emissioni, visto che la Co2 già emessa permane nell’atmosfera per molto tempo contribuendo comunque al riscaldamento globale.

Sarà necessario unire gli sforzi finanziari, tecnologici e politici tra settore pubblico e privato come mai prima d’ora nella storia per scongiurare lo scenario peggiore qui descritto. Un cambiamento radicale non solo nelle nostre abitudini di vita, ma anche nel modo di pensare lo sviluppo e il benessere dell’intera umanità.

 

Per più di 10.000 anni e lungo l’intera storia della civiltà umana, il clima è stato relativamente stabile. Adesso non lo è più– ha dichiarato Mekala Krishnan, uno dei coautori del Rapporto – Non già che ci stiamo muovendo verso una ‘nuova normalità’, bensì verso un mondo in cui il clima è in continua evoluzione, il che significa che anche il rischio climatico si sta evolvendo. E tutto ciò su cui gli uomini fanno affidamento per sopravvivere, comprese le colture che coltiviamo e le infrastrutture nelle città, sono ottimizzate per un insieme di variabili climatiche che sono rimaste le stesse nel tempo. Questo potrebbe ora mettere a rischio i sistemi in tutto il mondo. Alcuni cambiamenti sono più facili da apportare rispetto ad altri. Mentre è possibile impermeabilizzare, le colture che si sono evolute nel corso di migliaia di anni per crescere in una serie di condizioni non possono essere in grado di adeguarsi stante la velocità del riscaldamento globale”.

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