Dialogo, proposte, iniziative e soluzioni. Per trasformare in chiave circolare il sistema alimentare delle nostre città, l’Università di Torino in collaborazione con Leadership Group on Food waste, food systems and the bioeconomy e ECESP hanno organizzato un evento #EUCircularTalks sul ruolo delle città nella transizione circolare nei sistemi alimentari. Lo scopo di questi incontri non è solo ricordare l’insostenibilità del sistema alimentare europeo attuale – gestioni rifiuti, spreco, emissioni di CO2 – elencando solo le possibili soluzioni, ma anche condividere informazioni e buone pratiche che guidino la transizione nella direzione giusta.
“Cambiare il sistema alimentare è molto complesso – spiega a EconomiaCircolare.com Paola De Bernardi, organizzatrice dell’evento e docente di Circular Economy Management all’Università di Torino – perché è costituito da parti interconnesse fra loro che spesso e volentieri presentano dei paradossi. Quando si risolve un aspetto, ci sono spesso conseguenze negative su altri aspetti su diversi ambiti. C’è sempre una fase di sperimentazione che richiede dei tentativi”.
“Durante la pandemia l’unica filiera funzionante è stata quella del cibo e questa è una buona notizia – dice all’#EUCircularTalks Peter Schmidt del Comitato Economico e Sociale Europeo (EESC) –. Già nel 2016 si parlava di un approccio olistico al fine di implementare un sistema alimentare sostenibile. Le politiche alimentari in territorio urbano non sono uniformi a livello europeo. La domanda è come ottenere politiche alimentari globali?”. Quello che serve è una visione olistica che coinvolga gli imprenditori in grado di creare virtuose simbiosi. “La visione olistica da adottare può avvenire solo con la partecipazione di tutti gli stakeholder che gravitano attorno al food system, non soltanto chi produce – aggiunge Paola De Bernardi –: la logica della visione sistemica della transizione verso un’economia circolare va intesa sui più livelli e più stakeholder”.
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Nel sistema alimentare esistono criticità nelle fasi di produzione e consumo delle risorse. Si riscontrano impatti negativi nel consumo di cibo come obesità, malnutrizione e fame, ma anche nella produzione con effetti economici, ambientali e di salute. “Eliminare i rifiuti e l’inquinamento, tenere i materiali in vita, e rigenerare i sistemi naturali attraverso le biomasse – sottolinea Emma Chow della Ellen MacArthur Foundation Food initiative citando il report Cities and Circular Economy for Food uscito nel 2019”. Dal momento che l’80% di tutto il cibo sarà consumato nelle città entro il 2050, il documento sottolinea l’importanza fondamentale nell’attuare un sistema rigenerativo per il lungo termine. “Emergono tre ambizioni principali – aggiunge Emma Chow –: procurarsi cibo coltivato in modo rigenerativo e a livello locale; valorizzare il cibo; progettare e commercializzare prodotti alimentari più sani. Queste tre ambizioni avranno un impatto maggiore se perseguite contemporaneamente ed entro il 2050 potrebbero sbloccare benefici complessivi per un valore di 2,7 trilioni di dollari all’anno”. Ne trarrebbe giovamento anche l’ambiente “con una riduzione delle emissioni di gas serra di 4,3 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2, una riduzione dei costi sanitari associati all’uso di pesticidi di 550 miliardi di dollari, insieme ad altri benefici per la salute e un’opportunità economica per le città di ridurre lo spreco alimentare e fare un uso migliore dei sottoprodotti alimentari, per un valore di 700 miliardi di dollari”.
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di Simone Fant
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