Circolarità nell’armadio: le 5 tendenze della moda sostenibile

“Tutto vanità, solo vanità”, cantava Branduardi incitando a una vita semplice. Tornano in mente quelle strofe oggi che sappiamo che proprio la  vanità dell’uomo sta contribuendo inesorabilmente alla distruzione del Pianeta che ci ospita. L’impatto ambientale della moda è disastroso su tutti i fronti. Tessuti sintetici come poliestere e nylon sono sottoprodotti del petrolio, non biodegradabili e che contribuiscono all’inquinamento da bioplastiche ogni volta che vengono lavati. Le coltivazioni per produrre tessuti naturali come il cotone richiedono un uso massiccio di pesticidi. Le aziende che producono e colorano i tessuti, spesso di base in paesi poveri e con regolamentazioni ambientali blande, scaricano nei fiumi e nei mari acque contaminate da inquinanti tra cui piombo, mercurio, arsenico: secondo le Nazioni Unite, circa il 20 per cento delle acque di scarico immesse in ambiente a livello mondiale ogni anno viene dall’industria della moda.

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La moda è inoltre responsabile del 10 per cento delle emissioni mondiali di CO2 e ogni anno utilizza circa 1500 miliardi di litri di acqua. Collezioni che cambiano di media cinque volte l’anno (con marchi che arrivano a crearne oltre 20 all’anno) e consumatori abituati a una moda veloce ed economica risultano in una sovrapproduzione che, secondo Forbes, si aggira ogni anno tra il 30 e il 40 per cento del totale della produzione di questa industria. Secondo il World Economic Forum, nel 2014 compravamo il 60 per cento di vestiti in più rispetto al 2000, ma ogni anno l’85 per cento del totale dei tessuti prodotti viene buttato. La pausa globale forzata dalla pandemia ha costretto anche l’industria della moda a ripensarsi e a cercare finalmente soluzioni ai problemi che essa stessa causa. Il 2021 promette di essere un anno di riflessione e cambiamento per questo settore. Abbiamo individuato cinque tendenze che trasformeranno quello che entra nei nostri guardaroba.

Moda circolare

Sempre di più i concetti alla base dell’economia circolare entrano nei processi produttivi e la moda, da tempo sotto accusa in quanto consumistica e ben poco etica, sta cominciando a guardare con interesse a questo fenomeno, cercando di integrare la circolarità nei propri modelli di business. Nella definizione di moda circolare (o circular fashion nel mondo anglofono) rientrano capi di abbigliamento e accessori disegnati, prodotti e messi in commercio in modo da minimizzare o eliminare i rifiuti generati durante il processo.

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Lo sforzo delle aziende che vogliano andare verso una produzione circolare sarà quindi quello di produrre con il minimo spreco di materiale e consumo di energie e mettere in commercio abiti destinati a durare a  lungo e fatti di materiali che, quando non più utilizzabili, possano essere reintrodotti nell’ambiente naturale senza inquinare. Alcune aziende stanno creando delle intere collezioni improntate alla circolarità, altre stanno cominciando a rivedere i propri processi per ridurre la quantità di materiali utilizzati e di scarto, altre ancora stanno sperimentando con materiali biodegradabili, mentre già da qualche anno diversi marchi hanno avviato programmi per il recupero dei vestiti usati. Ora ci vorrebbe un’azienda che metta tutti questi elementi insieme per avere una moda circolare al cento per cento.

Agricoltura rigenerativa

Se evitare i materiali prodotti con l’uso di petrolio può essere considerato l’ABC per qualsiasi casa di moda che voglia ridurre il proprio impatto ambientale, non è sempre detto che i materiali naturali siano l’opzione migliore. Le coltivazioni di cotone, per esempio, sono tra quelle che fanno maggiore ricorso all’uso di pesticidi e scegliere l’agricoltura biologica significa, in questo caso, consumare molta più acqua. Per questo alcune aziende stanno iniziando ad esplorare il campo dell’agricoltura rigenerativa.

L’obiettivo è quello di produrre le materie prime per realizzare tessuti senza depauperare né inquinare il terreno che riesce così ad assorbire e sequestrare maggiori quantità di CO2 dall’atmosfera. I principi sono gli stessi dell’agricoltura rigenerativa applicata a qualsiasi tipo di coltura, ma gli enormi capitali e le caratteristiche globali dell’industria della moda aprono scenari di proporzioni finora impensabili per questo metodo di coltivazione. Al momento esistono solo poche esperienze sperimentali che vedono protagoniste aziende illuminate, ma la crescente pressione dell’opinione pubblica sulle case di moda perché riducano il proprio impatto ambientale potrebbe portare a una rivoluzione nella produzione dei tessuti.

 

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