Negli ultimi anni le bici a pedalata assistita – comunemente note come “e-bike” o “pedelec” – hanno riscosso l’interesse di un gran numero di cittadini che considerano questi mezzi un’alternativa ecologica e funzionale per i trasferimenti nelle aree urbane ma anche per gite fuori porta considerando che spopolano anche le e-mountain bike.
Tuttavia, con l’aumento della loro popolarità, si è verificato anche un incremento delle modifiche apportate su tali veicoli allo scopo di potenziarne le prestazioni e soprattutto di aumentarne l’andatura oltre i limiti imposti dalla legge.
Queste alterazioni si possono sostanziare nella rimozione dei limitatori di velocità, nell’installazione di batterie più potenti o nel tuning del software di controllo del motore che, altrimenti, non consentirebbe il superamento di determinati limiti di velocità.
I rischi legati a tali pratiche potrebbero non essere riconosciuti dal pubblico e, quindi, è importante una riflessione attenta su questa tematica.
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L’utilizzo di bici elettriche modificate contraddice lo spirito della mobilità sostenibile che si basa sui principi di rispetto dell’ambiente e della convivenza civica.
Le manomissioni effettuate per aumentare la velocità e la potenza delle e-bike oltre i limiti legali rischiano di rendere le strade più pericolose per tutti. Infatti, l’uso di e-bike irregolari non solo mette a rischio la sicurezza dell’utente, ma anche quella degli altri ciclisti, pedoni e veicoli.
Rispettare le normative consente di bilanciare i benefici delle tecnologie verdi con la tutela della sicurezza collettiva. Al contrario la violazione delle normative potrebbe danneggiare l’immagine della comunità ciclistica e ostacolare l’adozione di politiche a sostegno della mobilità sostenibile.
Immaginiamo cosa accadrebbe qualora una e-bike manomessa prendesse fuoco: difficile non ipotizzare che qualcuno, generalizzando e sbagliando (ma in un’epoca dominata dalla comunicazione sui social media, la percezione pubblica non sempre rispecchia la realtà oggettiva) possa porre sotto accusa l’intera categoria di veicoli.
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In molti Paesi esistono leggi specifiche che regolamentano l’uso delle e-bike, stabilendo limiti di velocità e di potenza del motore. Per esempio nell’Unione Europea una bici elettrica è considerata tale se il motore assiste fino a 25 km/h. Secondo quanto riportato dal primo comma dell’articolo 50 del Codice della strada, devono avere una potenza massima di 250 watt (500 se adibite al trasporto merci).
Fino a tale velocità e potenza, la bicicletta a pedalata assistita è ritenuta, a tutti gli effetti, un velocipede mentre, sopra tali limiti, diverrebbe un ciclomotore. Fondamentale rimane inoltre la propulsione muscolare, anche laddove concorra alla spinta il motore ausiliario.
È la stessa normativa, infatti, a chiarire che l’alimentazione “da parte del motore ausiliario è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare. I velocipedi a pedalata assistita possono essere dotati di un pulsante che permetta di attivare il motore anche a pedali fermi, purche’ con questa modalità il veicolo non superi i 6 km/h”.
La risposta a questo quesito è positiva, ma solo grazie alla potenza muscolare. Nulla osta, infatti, che il motore interrompa la sua spinta e il ciclista vada più forte. Il problema si pone quando si ottiene tale risultato solo perché la bici è stata “truccata”.
I limiti imposti garantiscono a una e-bike e al suo utilizzatore una serie di esenzioni. Un veicolo che superi i limiti imposti dall’art. 50 del Codice della strada sarebbe considerato dalla legge un ciclomotore, con tutte le conseguenze legali del caso (copertura assicurativa RC, targa e patente di guida). A ciò si aggiunga il fatto – che dovrebbe essere prioritario – che le modifiche possono rendere la bici molto pericolosa.
Le bici elettriche modificate possono raggiungere velocità significativamente più alte rispetto a quelle per le quali sono state progettate, aumentando il rischio di incidenti. Inoltre, i componenti standard come freni e telaio potrebbero non essere in grado di gestire l’aumento di velocità e potenza aumentando il rischio di guasti meccanici. Non è tutto: a porre il problema sul proprio profilo social è Guido Rubino, giornalista ed esperto di ciclomobilità:
“(…) Sui treni Milano-Varese c’è chi sale con questi veicoli con batterie aggiuntive fermate con lo scotch, un groviglio di cavi elettrici. Questione di tempo, dicevo, che qualcosa deteriorerà e farà una scintilla e allora si maledirà un destino già scritto. Oppure qualcuno verrà falciato su strada, visto che a guidare questi veicoli non sono solo rider disperati (e la disperazione non fa meno grave una violazione) ma anche ragazzini di buona famiglia, come il discolo che vedo sfrecciare facendo lo slalom tra auto e persone fuori da scuola (…)”.
Utilizzare una bici elettrica modificata può essere illegale e comportare sanzioni quali la confisca del veicolo. Se, poi, si scopre che la bici è stata alterata, in caso di incidente l’assicurazione potrebbe non coprire i danni provocati e subiti, ma andiamo per punti.
Il comma 2-ter dell’art. 50 del Codice della strada prevede che chiunque fabbrichi, produca, ponga in commercio o venda velocipedi a pedalata assistita che sviluppino una velocità superiore a quella prevista dal primo comma del medesimo articolo, sia soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa il cui importo varia da euro 1.084 a euro 4.339. Coloro i quali, invece, effettuano sui velocipedi a pedalata assistita modifiche idonee ad aumentare la potenza nominale continua massima del motore ausiliario elettrico o la velocità oltre i limiti previsti rischiano una sanzione di importo variabile da euro 845 ad euro 3.382.
La sanzione pecuniaria, però, non è l’unico rischio al quale potreste andare incontro. Poniamo che vi fermino in strada e succeda quanto raccontato recentemente da bike Italia. In questo caso potranno essere contestate anche tutte le altre violazioni visto che le modifiche avranno trasformato quello che, una volta, era un velocipede in un vero e proprio ciclomotore e probabilmente sarete in giro senza assicurazione, senza casco, targa …. e magari anche senza patente.
Oltre all’applicazione delle sanzioni pecuniarie, i trasgressori rischiano il sequestro del veicolo non conforme. In caso di sinistro, la compagnia assicurativa potrebbe rifiutarsi di effettuare la copertura e la garanzia rilasciata dal produttore potrebbe non essere riconosciuta a beneficio di un veicolo manomesso. Insomma, i rischi, anche dal punto di vista economico, sono tanti.
Come sottolineato da Rubino, a guidare veicoli modificati sono persone mosse dalla necessità (se non proprio dalla disperazione) di correre per le strade (come è il caso di alcuni riders che stanno in giro diverse ore), ma anche chi è spinto solo dal puro divertimento. Quale che sia la motivazione, la violazione è grave e non è ammissibile. Ma è davvero così semplice ottenere la modifica? Sul web sono in vendita diversi kit di sblocco che garantiscono velocità di 50 o 60 km orari.
Su tali portali, si ricorda che le modifiche trasformeranno la bicicletta in un ciclomotore e, quindi, che, per circolare su strade pubbliche, sarà necessario effettuare l’immatricolazione del mezzo e adempiere tutti gli obblighi normativi come il pagamento del bollo, l’apposizione della targa, la copertura assicurativa, l’utilizzo del casco, il conseguimento del patentino e ovviamente i veicoli modificati non potranno essere utilizzati per percorrere le ciclabili. Le informazioni sono tutte disponibili, ma pare evidente che in molti casi non bastino a dissuadere le persone dal violare la normativa di settore.
Esistono addirittura persone che acquistano biciclette già non conformi alla legge come raccontato da un servizio del GR Lombardia nell’agosto 2022. Come infatti segnalato da Milena Gabanelli ad inizio 2023, bastano due click online per trovare bici che dichiaratamente vanno al doppio della velocità consentita, con potenze di 2000 watt.
di Letizia Palmisano
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